giovedì 22 ottobre 2009, di Alberto
Articolo su L’Arena del 22/10/2009
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Chi desidera allenare la prontezza dei propri riflessi, può fare un giro in bicicletta in corso Porta Nuova. Una ciclabile che per tutta la sua lunghezza, circa un chilometro, richiede: abilità di schivare i moltissimi pedoni distratti che la invadono. Capacità di svicolare tra le auto parcheggiate malamente, con il muso che sporge sulla pista: se non ci sostano sopra per intero, pur con la «delicatezza» delle quattro frecce. E l’attenzione ai motorini che in alcuni punti la devono attraversare per accedere ai relativi stalli, come pure chi deve fare il biglietto del parcheggio. Va aggiunta l’attitudine a interpretare le sbiadite, talvolta invisibili, strisce gialle che dovrebbero delimitare la ciclabile. Impresa ardua, questa, soprattutto all’altezza della farmacia Agli Angeli, quando il ciclista si trova addirittura di fronte a un bivio: da un lato la corsia prosegue, come prima, sopra il marciapiede di pietra, dall’altro si trasferisce sull’asfalto, parallela agli stalli per le auto. L’«isola» che divide le due traiettorie è formata da un gruppo di cassonetti. Una signora con la spesa nel cestello della bici riassume il pensiero di chi percorre regolarmente questa ciclabile: «Siamo sacrificati e la pista è davvero poco curata».
Eppure moltissimi se ne servono per fare la spola tra il centro e quartieri come Zai, Golosine, Santa Lucia. Magari collegandosi ad altri tronconi, da quello in via Pallone a quello di Santa Lucia, appunto. «La ciclabile è molto utile», dice infatti un signore delle Golosine, «ma va rifatta la segnaletica orizzontale». A parte chi sceglie di risolvere tutti questi intoppi pedalando spedito in strada accanto alle auto, c’è da dire che i numerosi fruitori della ciclabile di corso Porta Nuova, in genere, sono disciplinati. La tirata d’orecchie, semmai, se la meritano i pedoni: nei lunghi segmenti in cui la pista è segnata sopra il marciapiede, non si curano di rispettare il campo dei ciclisti, anche se lo spazio non manca ed è sparito più o meno a metà tra gli uni e gli altri.
Si assiste non di rado a scampanellate furiose, brusche frenate e vivaci scambi di improperi. «In questi casi, la cafoneria si spreca», commentano i negozianti del corso. «Chi va in bici si deve arrendere, qui non si può filare via spediti», è l’opinione della gestrice del chiosco nei giardini di piazza Pradaval: da lì vede tutto ciò che succede. «Le fermate dell’autobus, accanto alla ciclabile, si riempiono di ragazzi all’uscita delle scuole. Impossibile pensare di avere campo libero», dice. «E poi è poco visibile. Sì, ci sono i cartelli, ma le strisce per terra sono quasi cancellate. E a volte non bastano. E poi si prendono di quegli spaventi quando i bambini piccoli, correndo e sfuggendo per un attimo ai genitori, rischiano di essere investiti dalle bici».
Ai vari semafori che si incontrano lungo il percorso, regna il caos. Quello tra il corso e piazza Pradaval, per esempio: pedoni sulla corsia delle bici, ciclisti che fanno lo slalom tra i pedoni, attraversamenti azzardati con il rosso, auto, moto e pullman che, svoltando, devono superare questa confusione. «Percorro questa ciclabile tutti i giorni e a volte capitano situazioni paradossali», racconta un signore che abita a Santa Lucia. «Una mattina, trovando l’ennesima auto parcheggiata di traverso sulla pista, l’ho fatto notare a una vigilessa che era di controllo sulla strada. Per tutta risposta, a prendermi una strigliata sono stato io, perché sulla bici non avevo montato il fanalino».