martedì 8 settembre 2009, di Alberto
Racconti di viaggio
A fine estate, come ogni anno, chi torna da un viaggio da molte delle più belle città europee, racconterà della sorprendente efficienza e comodità dei mezzi pubblici. Se era in bici, o se ne ha noleggiata una, dirà del piacere di girare in bicicletta città straordinariamente “amichevoli” con i ciclisti (tanti e presenti ovunque).
Questi racconti si concludono, in genere, con amare considerazioni sulla nostra arretratezza e sull’improbabilità che la stessa centralità del mezzo pubblico, la stessa considerazione per la bicicletta, possano essere importate anche nelle nostre città. Da noi, si sostiene rassegnati, “manca la cultura”...
“Manca la cultura”
Non si capisce se questa giustificazione
rimandi a irrisolvibili questioni di
latitudine (c’è poco da fare: noi italiani,
noi veneti, siamo i “terroni” d’Europa...)
o a qualche maledizione che
pesa sulle nostre teste (e quelle dei
nostri figli, già obesi e asmatici più di
tutti gli altri bambini europei) condannandoci
a sacrificare a petrolieri,
fabbricanti di auto e di motorini, compagnie
assicuratrici e costruttori di
strade e autostrade, molte vite e, mediamente,
circa un terzo del nostro
reddito (i berlinesi, nella loro città ricca,
moderna, vivace, piena di biciclette
e sprovvista di motorini, si muovono
meglio di noi pur possedendo solo
31 automobili ogni 100 abitanti.
Da noi sono 62. A Roma 74).
Oppure se questa “mancanza di cultura”
sia, per molti, più o meno inconsapevolmente,
la scusa cui aggrapparsi
per continuare ad andare a prendere il
bambino a scuola col SUV (che ci frega:
siamo selvaggi e poi lo fanno tutti!)
o per coprirsi occhi, naso e orecchie
e non vedere che la nostra arretratezza
dipende da scelte precise (grandi e piccole, individuali e collettive) che ci avvicinano o ci allontanano
dalla mobilità che diciamo tutti di auspicare.
Scelte sulle quali sarebbe invece giusto
prendere posizione, essere più informati.
I nostri politici...
Molti, credo, potrebbero fare di più per far crescere la “cultura” di cui difettiamo. Un apporto decisivo potrebbero darlo i nostri politici e chi ci governa in particolare. Loro per primi dovrebbero indicarci un modello di mobilità più vantaggioso dal punto di vista economico e sociale, migliore sul piano della qualità della vita, più attento alla salute del pianeta, delle nostre arterie e dei nostri polmoni. Ma, salvo diverse meritorie eccezioni (ed escludendo la malafede di chi, disinteressato al bene comune, serve interessi diversi da quelli dichiarati e la buona fede di chi è imperdonabilmente ignorante), credo che i nostri politici per lo più mirino ad un facile consenso cavalcando la nostra pigrizia e la nostra rassegnazione. E manchino del coraggio e della lungimiranza necessari per osare una mobilità diversa da quella di cui ci lamentiamo. Così le loro decisioni: il traforo, cioè l’autostrada che attraverserà la città per collegare Vr est e Vr nord; le 7 rotonde e i 2300 posti auto previsti per le cartiere; il metrobus (e corso Milano) senza corsie preferenziali; le piste ciclabili realizzate spesso dove c’è spazio (e non dove servono) o silenziosamente soppresse (Via Teatro Nuovo per far posto a qualche altro stallo di sosta oltre a quelli disegnati ormai in ogni pertugio) finiscono per perpetuare la strabordante supremazia dell’automobile sul mezzo pubblico e sulla bicicletta. A relegare la mobilità migliore che tutti diciamo di volere nel libro dei sogni e nei racconti di viaggio.
Testardi
Noi, Amici della Bicicletta, continuiamo pervicacemente a credere che anche associazioni come la nostra - piccola realtà nel vasto panorama veronese - possano contribuire a migliorare un poco le cose e a scalfire lo sconcertante, pigro, disinformato consenso che sembra sostenere scelte così suicide.