Verona-Udine, da castello a castello
“Da Castelvecchio al Cjiscjel”: questo il titolo scelto da FIAB Verona per riassumere la Ciclovacanza 2020, che ha preso avvio da Verona, in particolare dal castello dei signori Della Scala, Castelvecchio, e si è conclusa con l’arrivo al Cjiscjel, il castello di Udine simbolo della città.
Guidati da Marco Giavoni e Fabrizia Graziani, inossidabili compagni di vita e di bicicletta, rigorosamente sempre in testa e in coda al gruppo, dall’8 al 16 agosto trentasei partecipanti hanno attraversato in sette tappe Veneto e Friuli, ammirando castelli e fortezze, palazzi e ville, piazze e chiese, scorci e sorgenti, prati e colline, cime e fiumi, all’insegna di un paesaggio vario ed ai più sconosciuto.
Salutati dal presidente Corrado Marastoni, dalla città scaligera i ciclisti veronesi e non (come non ricordare gli affezionati amici di Novara, Borgomanero, Parma e Milano?), veterani e new entry, sono partiti e hanno raggiunto Soave, dove Sandro, soavese doc, li ha condotti, attraverso le porte che s’aprono nella cinta muraria, nel borgo antico, su cui domina il castello. Lasciato il paese noto per il pregiato vino e oltrepassati Montebello vicentino e Montecchio Maggiore, alle cui spalle s’ergono i castelli che la tradizione attribuisce a Romeo e Giulietta, la comitiva ha pernottato a Vicenza.
Da qui, il secondo giorno, si è messa in sella verso Treviso, seguendo l’ex ferrovia Ostiglia-Treviso, un lungo corridoio ombreggiato che ha offerto riparo dai cocenti raggi del sole. Obbligate soste lungo il tragitto: la scenografica villa Contarini a Piazzola sul Brenta, una delle grandi regge della Repubblica di San Marco, e le barchesse della Rotonda di Badoere, fra le più famose del Veneto.
Dal capoluogo della Marca trevigiana, l’itinerario ha previsto la visita a Oderzo, già municipium romano, e a Portobuffolé, uno dei borghi più belli d’Italia, dolcemente adagiato in un’ansa del fiume Livenza. Rolando, accompagnato da Massimo amici di FIAB Verona in terra veneziana, ha fatto scoprire questo autentico gioiello nel cuore della pianura: un piccolo e curato centro d’impronta veneziana, dai palazzi signorili e dalle vie acciottolate, in cui si respira ancora l’atmosfera cortese che aleggiava attorno a Gaia da Camino, ricordata da Dante nel XVI canto del Purgatorio, amante dell’arte e della poesia.
Approdo della terza tappa, bagnato dalle calme e limpide acque del Livenza, Sacile, il cosiddetto giardino della Serenissima, da cui il giorno successivo il gruppo, dopo essere risalito al Gorgazzo, una delle tre sorgenti del Livenza, a 1 km da Polcenigo, pure annoverato fra i borghi più belli d’Italia, è partito alla volta del paese di Carnia, seguendo due tragitti differenti, l’uno interamente in bicicletta, l’altro in bicicletta e pullman. L’intera traccia (110 km) ha seguito, fra Sacile e Maniago, la Ciclovia FVG3 Pedemontana, e poi, fra Gemona e Carnia, la ciclovia Alpe Adria: un percorso molto bello dal punto di vista paesaggistico, che ha toccato località escluse dai tours turistici più battuti, costeggiato il verde Tagliamento e pedalato sulle strade care a Ottavio Bottecchia (1894-1927), il vincitore del Tour de France nel 1924 e nel 1925, che proprio su queste stesse strade, come ricorda il monumento lui intitolato a Peonis, in circostanze rimaste ancora misteriose, trovò la morte.
L’arrivo in questa regione ha richiamato alla memoria di tutti le immagini in bianco e nero del terremoto del 6 maggio 1976, ma la visita a Gemona e Venzone, ritornati a vivere e a risplendere grazie all’ostinata determinazione della gente friuliana, testimonia che dalle macerie si può sempre risorgere.
Da Carnia la compagnia è ripartita verso la quinta meta, Tarvisio, dove si è trattenuta per due notti, riprendendo la ciclovia Alpe Adria: la salita, dolce ma continua, con una pendenza del 1-2%, ricalca il tracciato della vecchia ferrovia Pontebbana, inaugurata nel 1879 per collegare Udine a Tarvisio, e quindi a Vienna.
Tra verdi prati e scenari mozzafiato, gallerie annerite dal tempo e ponti arditi su profonde valli, merita almeno una pausa-caffè la stazione di Chiusaforte, ristrutturata con gusto nel fedele rispetto della struttura originaria.
Anche l’avventore più distratto rimane colpito dai versi del poeta friulano Pierluigi Cappello (1967-2017) incorniciati alle pareti o incisi sulla roccia retrostante. Alcuni sono dedicati proprio ai ciclisti:
“Frusciano come foglie / i ciclisti accaldati / mentre il sole li accoglie/ e risplendono i prati. / Escono a primavera / e corrono leggeri, / sono l’alzabandiera / dei giorni festeggeri. / Le rondini tornate/ assomigliano a loro, / sfrecciano incoronate / dentro il mattino d’oro. / Vanno a gruppi, a mitraglia, / sotto il cielo di smalto, / quasi come se l’aria/ fosse fatta di asfalto”.
Da Tarvisio, linea di confine fra Italia, Austria e Slovenia, tranquilla la pedalata ai laghi di Fusine e al lago del Predil, mentre più impegnativa la salita a Sella Nevea, nota località sciistica, da cui si è iniziato a scendere verso il traguardo, Udine. Ma l’avventura è proseguita per alcuni che, non paghi dei più di 500 km pedalati, sono partiti per concedersi un meritato gelato o una fresca bibita nella piazza centrale di Palmanova, la città stellata dalla pianta poligonale.
Il giorno successivo, domenica 16, da Udine il ritorno a Verona sul pullman guidato da Paolo, da anni l’autista ufficiale delle ciclovacanze estive di FIAB Verona.
Complice il bel tempo, decisamente positivo il bilancio dell’esperienza: una squadra affiatata, in forma (evidentemente i ripetuti messaggi WhatsApp dell’accompagnatore che invitava ad allenarsi hanno sortito l’effetto desiderato!), animata dalla voglia di pedalare insieme e di raggiungere ciascuno i propri traguardi, un team di mediani e meccanici pronti ed efficienti, un percorso ben pensato su piste ciclabili e tranquille strade secondarie. L’itinerario della ciclovacanza prevedeva inizialmente di portarsi in Slovenia e di concludersi a Lubiana: l’emergenza epidemiologica ha ovviamente modificato il programma, ma è là che tutti sperano al più presto di darsi appuntamento.
di Cecilia Tomezzoli
(da Ruotalibera 168 – ottobre-dicembre 2020)