Un Po di bici
Renata e io, ormai dal lontano 2000, partecipiamo ad una vacanza in bicicletta ogni anno. Abbiamo cominciato per scommessa, per festeggiare i miei primi cinquant’anni. Non ho ancora idee su come festeggiare i secondi, ma ho ancora parecchio tempo per riflettere.
Come il primo amore, anche la prima vacanza in bicicletta non si scorda mai. E poi Roma è sempre Roma e l’Italia è uno dei più bei posti al mondo. Così, dopo tante vacanze all’estero, quest’anno abbiamo pensato, assieme agli altri amici del gruppo “Montorio pedala”, di pedalare in Italia, anche per venire incontro ai tanti amici che ci chiedevano: “Perché andate sempre all’estero, con tutto quello che c’è da vedere in Italia?” Stimolati dal racconto che ci aveva fatto l’amico Fabio lo scorso anno, abbiamo deciso di percorrere, almeno in parte, la ciclovia del Po. Però, per distinguerci dai molti (compreso Fabio) che l’hanno percorsa dalla foce alla sorgente, abbiamo pensato bene di fare il percorso inverso. Vi dirò che è stato più semplice.
Tornati a casa, dopo otto giorni di modeste pedalate (siamo arrivati al massimo a poco più di settanta chilometri), trovo giusto fare alcune considerazioni, oltre ad un resoconto sommario. La Pianura Padana non è solo zanzare (mamma mia quante!) e nebbia, è anche una delle zone d’Italia con più storia e più arte. Oddio, mi sono lasciato prendere la mano… Diciamo che “anche” la Pianura Padana, come il resto d’Italia, è piena di storia e di arte. Tanto per dire, abbiamo attraversato Saluzzo, sede di un famoso Marchesato, Torino, ex capitale dei Savoia ed ex capitale d’Italia, ex capitale industriale e tutt’oggi una delle più vive e belle città d’Italia e d’Europa, grazie anche ai suoi celebri musei, Casale Monferrato, altra storica città, sporcata dalla vicenda eternit, Pavia, capitale dell’Italia longobarda, Piacenza, splendida città dei Farnese e Cremona (calorosamente ricevuti e accompagnati dagli amici Piercarlo e Donatella), famosa per il torrone, il torrazzo e altre caratteristiche che non ricordo bene.
Ma abbiamo attraversato anche tanti piccoli borghi affascinanti, con vie porticate medievali e imponenti castelli. Abbiamo pedalato tra le più grasse campagne italiane con orti, frutteti, cereali e riso, tanto riso. Insomma, anche questa volta ci siamo convinti che l’Italia è il paese più ricco di storia e di arte del mondo e, diciamolo sottovoce per non irritare qualcuno, uno dei più ricchi di economia.
Purtroppo, a tanta dovizia di arte, storia e cultura per noi cicloturisti corrisponde una grave penuria di strutture ciclistiche. Stiamo volutamente sul generico perché al cicloturista non sono indispensabili le piste ciclabili patinate e pettinate (che pure non disdegna) ma dei percorsi sicuri e ben tenuti, lungo i quali muoversi facilmente nella natura e attraverso le città. L’Italia si conferma terra non favorevole al cicloturismo.
Per pedalare lungo il Po, che sia sul percorso della Ciclovia di Bicitalia o che sia sul tracciato di VenTo (il progetto cicloturistico del Politecnico di Milano) si devono affrontare strade trafficate, stradine sterrate con fondo sconnesso, capezzagne piene di buche e di fango e stradine non segnalate adeguatamente. Ci sono, a dire il vero, anche dei tratti ben tenuti e segnalati, come tra Piacenza e Cremona e ci sono tratti di ciclabili in posti dove meno te l’aspetteresti, magari a fianco di strade di campagna prive di traffico, a riconferma che spesso, in Italia, le ciclabili si fanno non dove servono ma dove c’è lo spazio.
Una considerazione personale, per concludere. La ciclovia del Po rieccheggia ciclovie più famose esistenti in Europa lungo fiumi importanti, quali il Danubio, la Drava, l’Elba e come queste ha delle caratteristiche che comprendono lati positivi e lati negativi. Una strada diritta diventa monotona, ma anche una strada troppo tortuosa, a causa dei meandri, non va sempre bene, perché spesso costringe a percorrere troppi chilometri lontano da centri abitati, quindi da servizi essenziali come negozi, bar e meccanici. Inoltre, a parte il tratto iniziale, il Po scorre tra argini sopraelevati che lo isolano dai contesti cittadini, ideale per chi vuole evitare il traffico, molto meno per chi ama visitare le città e i borghi. Servirebbero, quindi, bretelle e scorciatoie per collegare la grande ciclovia con i centri abitati. In definitiva, servirebbe una rete di percorsi ciclabili, ben segnalati, idea che in Italia stenta a decollare e che condiziona pesantemente lo sviluppo del cicloturismo. Diciamo, eufemisticamente, che ci sono ancora molti margini di miglioramento ma che, ciononostante, una ciclovacanza lungo il Po merita ampiamente di essere vissuta, non fosse altro che per l’ospitalità ricevuta ovunque e per il buon cibo che in Italia non manca!
foto di Franco Anderloni e Bepo Merlin
(foto in evidenza: Alle sorgenti del Po)
(da Ruotalibera 165 – gennaio-marzo 2020)
NON SOLO PEDALATE
Si va in ciclovacanza per pedalare, naturalmente, ma poi il piacere dell’andare in bicicletta viene aumentato dai momenti di sosta, in cui subentrano (esaltati dalla fatica affrontata nel viaggio) altri piaceri: l’incontro con le persone, la piacevolezza degli alloggi, il gusto del buon cibo. La prima sera a Moretta, ad esempio, abbiamo dormito presso un affittacamere che è Albergabici, la cui proprietaria ha voluto fotografarci per ricordo. A Torino abbiamo affittato un’intera casa su tre piani, in pieno centro, arredata da un architetto di tendenza. Vicino a Valenza abbiamo trovato un agriturismo restaurato con il massimo rispetto delle strutture originarie: un tuffo nel passato. L’ultima casa in cui abbiamo dormito, sotto il Po, a Cremona, è una dimora di lusso, una bella villa con giardino e arredamenti chic. Le cene resteranno memorabili, da quelle pantagrueliche autogestite, a quelle nelle trattorie delle città attraversate. In particolare ricorderemo la cena di Pavia, a base di patate ripiene di ogni ben di Dio e il cuoco che, alla fine, è venuto ad illustrarci le pietanze e a chiacchierare amabilmente. Splendida la cena al Tacabanda del figlio dei nostri amici (e guide impareggiabili della città) Piercarlo e Donatella. Ma ovunque abbiamo mangiato di gusto e con gusto. Una menzione particolare merita la sosta presso il castello di Monticelli d’Ongina, dove i volontari della festa delle associazioni di volontariato ci hanno riempiti di polenta, cinghiale e formaggio verde. Per fortuna poi si doveva pedalare ancora. La visita al castello di Giarole, vicino a Valenza Po, ci ha visti seguire con attenzione una guida d’eccezione: il nobile Sannazzaro che, per sbarcare il lunario e mantenere in buono stato l’anti
SCHEDA TECNICA
- I Tappa – Pian del Re – Moretta, 48 km di discesa e pianura
- II Tappa – Moretta – Torino, 70 km
- III Tappa – Torino – Crescentino, 54 km
- IV Tappa – Crescentino – Valenza Po 67 km
- V Tappa – Valenza – Pavia 81 km
- VI Tappa – Pavia – Piacenza 66 km
- VII Tappa – Piacenza – Cremona 48 km
- VIII Tappa – Cremona casa con partenza da Asola 67 km
NOTE
- Per raggiungere Pian del Re non abbiamo avuto alternative: abbiamo dovuto caricare tutto (nove persone, nove biciclette e nove bagagli) su un furgone prestatoci da una coppia di amici. Questo, naturalmente ha fatto sì che, a turno, qualcuno guidasse il furgone anche al ritorno.
- Dati i turni di guida le tappe non sono state uguali per tutti, ma abbiamo segnato la lunghezza media
- Nell’ultima tappa ci siamo divisi in tre gruppi: Silvano e Loris sono partiti da Cremona in bicicletta e sono arrivati a Verona nel pomeriggio, percorrendo circa 120 Km. Stefano, Patrizia, Franco e Nicoletta sono partiti da Cremona e sono arrivati in bicicletta a Casalmaggiore, per poi tornare a Verona in furgone. Bepo e Renata sono partiti in furgone da Cremona, sono poi scesi vicino ad Asola, nel mantovano, e da lì sono tornati a Verona in bici. Anna si è sacrificata alla guida del furgone.