Siamo su una brutta strada
Il caso della ciclopedonale tra Montorio e San Martino Buon Albergo
I Romani antichi, quelli dell’impero per capirci, avevano raggiunto un livello organizzativo che poche altre civiltà hanno saputo pareggiare.
Parlando con un amico di FIAB Padova ma di origini tedesche, un giorno di parecchi anni fa gli espressi la convinzione che i tedeschi moderni sono i veri eredi degli antichi romani, soprattutto nell’organizzazione e nella disciplina, mentre noi italiani moderni siamo piuttosto eredi dei popoli barbari che con le loro invasioni posero fine all’impero ormai in dissoluzione.
Lui, in realtà, non so se per convinzione vera o per alleviare la mia delusione, mi dimostrò che i veri eredi dei romani sono gli inglesi, che dai nostri illustri antenati hanno ereditato, ad esempio, i sistemi di misura. Come esempio eclatante mi citò il passo delle rotaie dei treni, che è lo stesso di quello dei carri da trasporto romani.
Sia come sia, sta di fatto che noi italiani abbiamo ereditato, dall’impero che ha dominato il mondo per tanti secoli e ha forgiato l’Europa, soprattutto tanti monumenti, molti dei quali in rovina.
Quanto alle strade, ci vantiamo di essere grandi costruttori (ed in parte è vero) di opere ardite e avveniristiche. Peccato che, poi, non sappiamo mantenerle in efficienza nel tempo.
La manutenzione, specialmente quella ordinaria, è divenuta la cenerentola del settore delle costruzioni e gli effetti perversi si stanno vedendo con sempre maggiore frequenza, spesso con esiti tragici, come quello emblematico del Ponte Morandi a Genova.
Gli addetti alla manutenzione stradale sono pressoché scomparsi dagli organici dei Comuni italiani.
Quando ero piccolo, nel mio Comune della Bassa, oltre agli stradini ufficiali, con divisa e berretto d’ordinanza, c’era anche un reparto di anziani operatori incaricati di fare manutenzione alle strade bianche, pavimentate nel cosiddetto Macadam (dal nome dell’ingegnere scozzese Mac Adam che aveva inventato quel tipo di fondo stradale). Dai miei concittadini bontemponi, questo reparto era stato chiamato “La Celere”, con allusione alla lentezza del loro operare.
Eppure, nonostante tutto, questi anziani armati di pala e scopa da strega (quella con il manico in legno rustico e la spazzola fatta di ramaglia) riuscivano, con la loro lenta ma quotidiana presenza, a mantenere sempre in ordine il tratto di strada loro assegnato.
Ovviamente non si può pretendere, nel 2020, che gli stradini se ne vadano in giro con quel tipo di attrezzatura: Halloween viene solo una volta all’anno e la manutenzione, invece, deve essere quotidiana.
Da decenni, ormai, si ripete che la gestione diretta delle manutenzioni stradali è troppo dispendiosa. Quindi si affidano i lavori a ditte esterne o ad AMIA per la manutenzione del verde.
Ma AMIA, che pure è dotata di mezzi adeguati e quando agisce lo fa con perizia, non riesce a far fronte a tutti gli impegni. Quando interviene, magari su pressione delle Circoscrizioni o su segnalazione di gruppi di cittadini, lo fa trascurando, fatalmente, altri interventi.
Così, come abbiamo più volte segnalato su Ruotalibera, la città diventa sempre più verde grazie alle erbe spontanee e ai cespugli che invadono i cigli stradali e le ciclabili, restringendo sempre più le carreggiate.
Da parte loro, le ditte appaltatrici dei lavori stradali vengono chiamate a rifare tratti di strada ridotti in pessimo stato da mesi o anni di incuria. Ormai non passano nemmeno più quelli con l’ape che buttavano la classica palata di asfalto nelle buche e la sistemavano alla bell’e meglio col dorso della pala. Quelli, insomma, del “pèso el tacon del buso”.
Servirebbero, eccome, degli stradini tuttofare, con motocarro attrezzato di sega circolare per rifilare le buche, ghiaino, caldaia con il catrame sempre bollente e arnesi vari come tagliabordi e tagliasiepi. Coppie di stradini, una o due per Circoscrizione, che ogni santo giorno percorressero alcuni chilometri di strada eseguendo con perizia quei piccoli interventi che evitano, a lungo andare, i grandi interventi. Delle pezze ben squadrate e ben riempite (a caldo), il riempimento sistematico delle crepe dell’asfalto con catrame fuso e la manutenzione costante delle banchine e dei bordi stradali farebbero risparmiare tanti soldi alle casse del Comune e, soprattutto, consentirebbero a tutti noi di viaggiare su strade (e chiamo strade anche le cosiddette “piste ciclabili”) in ordine.
Ci sono situazioni emblematiche, come quella, a me e a molti nota della cosiddetta Strada Comun, la ciclopedonale che da Montorio, tra due fossi, arriva fino a San Martino Buon Albergo.
Si tratta di una strada di grande pregio ambientale ma anche viabilistico e turistico. Frequentata da anni da migliaia di persone, veronesi e non, negli ultimi cinque anni è stata inserita nei percorsi che tour operator stranieri, specializzati in cicloturismo, hanno scelto per i loro clienti provenienti da tutto il mondo.
Ebbene, questo gioiellino rischia di diventare un percorso snaturato e poco piacevole.
Fino a qualche anno fa, ad esempio, le sponde erano ben ombreggiate da grandi alberi secolari, oggi segati alla base da alcuni agricoltori della zona per non togliere luce alle coltivazioni. E questo è avvenuto senza che nessuna autorità si opponesse.
Il fondo stradale, poi, risulta molto irregolare, in parte per l’intenso traffico di pedoni e ciclisti ma, soprattutto, perché il Consorzio di Bonifica usa dei mezzi pesanti e cingolati per eseguire la pulizia dei fossi.
È giusto dire che i Consorzi di Bonifica hanno molti meriti e sono indispensabili nella lotta al dissesto idrogeologico che sarà, sempre più, uno dei problemi principali del nostro paese.
È altrettanto giusto dire che i mezzi cingolati non sono adatti ad operare in un territorio così fragile come quello delle risorgive di Montorio.
Un tempo esisteva una specie di “Celere” dei fossi, nella persona di un signore che, vestito con gli appositi stivaloni da pescatore fino alla cintola, si immergeva nei corsi d’acqua con una falce, tagliava le “gresse”, cioè le alghe, e toglieva i rifiuti (che, a dire il vero, erano molti di più di adesso).
Come per le strade, anche per la pulizia dei fossi non si può tornare troppo indietro. Sicuramente, però, esistono mezzi meccanici meno invadenti dei cingolati, ad esempio degli zatteroni attrezzati di falciatrici subacquee a motore, per eseguire una buona manutenzione, rispettando il fondo dei ruscelli e anche le sponde.
Questo permetterebbe anche di evitare le lunghe, ricorrenti e fastidiose chiusure della strada comunale ciclopedonale al transito di camminatori e ciclisti.
Essenziale, in questo caso, è il ruolo del Comune. Il Sindaco, infatti, rappresenta al livello più alto, tutti i cittadini veronesi e avrebbe l’autorità morale per contrattare con il Consorzio le condizioni più opportune per consentire ad esso di svolgere liberamente il suo compito istituzionale e ai cittadini di non subire inutili disagi.
foto di Bepo Merlin e Gianni Maistri
(da Ruotalibera 167 – luglio-settembre 2020)
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