Ruggero Delladio, il ciclo-manager
Manager di un importante azienda veronese, Ruggero Delladio è forse l’ultima persona che, secondo alcuni purtroppo ben radicati stereotipi, ti aspetteresti di ritrovare in bici alla mattina. Invece Ruggero non è solo un ciclista urbano convinto, ma quando può dedica del tempo all’associazione specialmente in occasione delle più impegnative manifestazioni come ad esempio la Premia il Ciclista.
– Ciao Ruggero, qual è il tuo rapporto con la bicicletta?
La uso spesso, non solo nel tempo libero ma proprio come mezzo di trasporto. Il mio lavoro mi porta ad usare molto la macchina per gli spostamenti, ma la verità è che non la sopporto. Dispiace piuttosto che la città non si presti molto a favorire questo tipo di mobilità alternativa e sostenibile.
– Che lavoro fai?
Sono responsabile esteri di una azienda che produce packaging per l’industria alimentare. Lavoriamo molto con i paesi di lingua tedesca, l’Europa dell’Est e altri Paesi, giocoforza uso spesso auto e aereo. Ma nelle fasi in cui non devo viaggiare, come ad esempio questa caratterizzata dal COVID, amo andare in ufficio in bicicletta. Da casa mia sono circa 3,5 chilometri.
– Come ti sei avvicinato alla FIAB?
Il primissimo contatto lo ebbi nel 2010 partecipando alla Spedizione dei Mille. In occasione del 150° anniversario della celebre impresa garibaldina, FIAB Verona aveva prodotto un mega poster con le foto di 1.150 veronesi che chiedevano interventi sulla mobilità a favore di ciclisti, pedoni e trasporto pubblico. Una iniziativa molto simpatica e divertente. Sono sempre stato appassionato dei temi della mobilità ciclistica e mi piaceva l’idea di mettermi in gioco.
– Così hai cominciato a frequentare?
Non proprio. All’inizio ero anch’io uno di quei soci che si iscrivono un anno sì e due no perché si dimenticano di rinnovare. Mi sono avvicinato gradualmente, senza particolari aspettative e senza programmare impegni troppo gravosi. Molto semplicemente ho scritto una mail con le mie disponibilità. È così che ho cominciato a partecipare alla Premia il Ciclista, a Ciclista Illuminato e altre manifestazioni e iniziative. Ho ad esempio aiutato ad insegnare alle signore immigrate ad andare in bici, abbiamo fatto educazione stradale ai bambini sui bastioni. Attualmente sto aiutando a caricare i materiali sul sito FIAB.
– E cosa ti sembra di questa esperienza?
Mi sembra di essere di aiuto e in cambio ricevo la possibilità di aumentare le mie conoscenze.
– Usi la bici anche nel tempo libero?
Certo, privatamente, diciamo, con mia moglie facciamo sempre un paio di uscite all’anno di uno o più giorni nel periodo estivo. Siamo stati ad esempio sulla ciclabile del Ticino, abbiamo fatto la Drava, la Romantische Strasse. Ora che i figli sono grandi e sono andati fuori di casa abbiamo ancora più tempo da dedicare.
– All’inizio dicevi che purtroppo Verona non si presta tanto alla bicicletta. Che cosa intendi di preciso?
Non parlo tanto della conformazione della città, che anzi si presterebbe fin troppo bene agli spostamenti in bicicletta; parlo invece della cultura che purtroppo è un po’ chiusa rispetto a questo mezzo. Negli ultimi anni c’è stato qualche miglioramento, tuttavia si continua a soffrire di una tremenda congestione da traffico motorizzato. Verona è purtroppo usata come un enorme parcheggio a cielo aperto. E, per come la vedo io, tanto spazio sprecato è un grave controsenso.
Non dico che tutti dovrebbero passare alla bicicletta, sono realista. Ma giro molto e vedo che altre città hanno più cultura ciclistica. Se siamo tanto indietro penso sia anche per un equivoco di fondo, una credenza e una attitudine secondo la quale la libertà individuale passa dall’uso dell’automobile. Le cose comunque si stanno lentamente muovendo, l’opinione pubblica sta cambiando. Bisogna insistere.
(da Ruotalibera 173 – gennaio-marzo 2022)