La tragica conta dei morti nel 2023 per incidenti stradali in Italia, aggiornata a metà novembre, parla di 379 pedoni (più di uno al giorno) e 175 ciclisti (più di uno ogni due giorni): numeri impressionanti, percentualmente il doppio della Germania e il triplo del Regno Unito.
Sull’urgenza di fermare questa strage sono ormai tutti d’accordo, non però sul come fare. Nello scorso Punto parlavamo di un dibattito parlamentare diviso tra una proposta di legge promossa dal cartello di associazioni “Città 30 Subito” (tra cui FIAB e Legambiente) e portata avanti da un gruppo trasversale di deputati e senatori, che punta sulla moderazione del traffico e su un ridisegno più “democratico” degli spazi stradali; e un disegno di legge governativo per riformare il Codice della Strada che punta invece su sanzioni più pesanti per chi guida in stato di alterazione o usando il telefonino ma non interviene su quella che i dati concreti indicano come principale causa degli incidenti, ovvero l’eccesso di velocità, ma anzi cerca al contrario di limitare l’applicabilità delle ZTL, delle novità del Codice (corsia ciclabile, case avanzate, doppio senso ciclabile, …) e l’uso dei sistemi di rilevazione della velocità (“autovelox”), con passaggi di “supporto al più debole” quasi surreali come l’obbligo di distanza di 1,5 m da un ciclista durante un sorpasso ma solo “ove le condizioni della strada lo consentano” (!).
Ovviamente il governo sta cercando di ostacolare il cammino parlamentare della proposta di legge puntando su una rapida approvazione del disegno di legge; ma quanto sia sbagliato questo approccio, che più che una mossa per la sicurezza delle nostre strade appare un cinico inchino alle pulsioni di un popolo di elettori “piloti”, se diventasse legge lo mostrerà purtroppo la realtà dei numeri. Segnaliamo al proposito l’attenta analisi di Edoardo Galatola e Andrea Colombo Ddl “Sicurezza stradale” del Ministro Salvini: tutto quello che dobbiamo sapere di una riforma che ignora l’analisi scientifica.
Oltre che sulle norme per la sicurezza stradale, la mano non certo bike friendly del governo è calata anche sui finanziamenti per infrastrutture, con i tagli prima di 94 mln€ dal fondo per piste ciclabili urbane (dicembre 2022) e poi di 400 mln€ per il Sistema Nazionale delle Ciclovie Turistiche (agosto 2023) adducendo come discutibile motivazione il ritardo di alcune Regioni nelle fasi di appalto e progettazione (ma omettendo che varie altre, come il Veneto che è interessato da ben 5 di queste 10 ciclovie, sono pienamente in linea con le scadenze imposte dal PNRR).
Tuttavia, di fronte a questo quadro a tinte fosche disegnato da un governo che mostra il suo franco disinteresse per la mobilità sostenibile strizzando anzi l’occhio all’automobilista più retrivo, è interessante notare come si stia organizzando una sorta di “Resistenza Ciclabile” fatta non solo dalle “solite associazioni di settore” (con cui però si sono schierate ad esempio anche l’ANCMA, associazione dei costruttori di mezzi a due ruote, e il Touring Club Italiano) ma anche da una rete di amministrazioni regionali e comunali di vario colore politico che hanno alzato la voce chiedendo un ripensamento di queste scelte e ottenendo finora una – parziale ma significativa – retromarcia sui tagli che permetterà di procedere almeno con parte dei numerosi progetti già messi in campo prima di questo cambio di clima politico.
Ci auguriamo che – magari anche con l’aiuto dell’Europa che su queste cose come sempre ci guarda dall’alto – questa Resistenza contro l’inciviltà della legge del più forte cresca ancora, facendo comprendere a chi in questo giro ha la maggioranza in parlamento che forse gli conviene spegnere l’autoradio, scendere dal sedile e risalire in sella per tornare a pedalare tutti assieme.
(da Ruotalibera 180 – ottobre-dicembre 2023)