| TRE GIORNI IN VAL PUSTERIAarticolo del n.35/1992 |
Val Pusteria; qualche ora di treno per lasciare Verona ed entrare nel mondo dell'Alto Adige.
Appuntamento davanti alla stazione di FS di Verona alle sei di un primo maggio che promette
freddo e acqua. Carichiamo le bici sul treno. Ci sono volti nuovi tra le facce amiche. Tra uno
sbadiglio e l'altro le strambate del Moro di Venezia tengono banco.
A mezzogiorno arriviamo a Brunico, cambio dell'abbigliamento, predisposizione delle bici per
il trasporto del bagaglio e partenza per Riscone. Dopo un chilometro prima salita "bruciata" in
souplesse.
Saliscendi nel bosco; niente auto, moto, nessun rumore tranne quello dei ruscelli, dei freni,
delle catene fatte saltare da una catena all'altra nel tentativo, vano di ammorbidire le salite più
dure.
Sosta per il pranzo al Lamprechtsburg, solitario castello posto in cima ad una collinetta verde.
Speck, birra, formaggio, grappe al ginepro, al miele, ai mirtilli; ancora una volta le indicazioni
inerenti sport ed alimentazione sono state seguite alla lettera!!
Nel pomeriggio subito due o tre salitelle brevi ma sfacciatamente ripide. Ovviamente le
"snaps" si fan sentire nel momento del bisogno, accidenti a loro...
Si arriva a sella Hof, Gran Premio della montagna odierno. C'è un po' di neve ai bordi della
strada, ne approfittiamo per accogliere e premiare i ritardatari. Rapida discesa su Monguelfo e
prime forature. Ancora un bosco, un torrente, un bosco; adesso il percorso è meno faticoso, è
possibile osservare con più attenzione il mondo che stiamo attraversando e scambiare alcune
impressioni con i compagni di viaggio. Arriviamo a Villabassa, sistemazione in camera, cena,
giretto in paese e poi a letto. Domani sarà più dura. Sabato si parte per il lago di Braies. In
quindici scegliamo un itinerario nel bosco, più faticoso ma meno disturbato dalle auto. Il lago
è parzialmente ghiacciato e le rive in parte innevate non permettono il giro in bici. Solito pasto
frugale prima di decidere per il pomeriggio. Visita a Braies vecchia, rientro a Villabassa o
salita a Prato Piazza (2.000 m.)? Ma si facciamo anche questa, andiamo a quota duemila!
Partiamo alla spicciolata; con Beppe, Chiara e Corrado siamo gli ultimi. Qualche chilometro
assieme poi ognuno salirà con il proprio passo. Intorno a noi il paesaggio cambia, c'è neve
dappertutto, ai bordi delle strade sembra un tappone dolomitico degli anni cinquanta. C'era una
tabella che indicava 10 km. "all'arrivo", la uso come riferimento, ormai scalo anche i cento
metri. Una pioggia leggera ci accompagna; quando il computer di bordo indica più o meno
l'ultimo chilometro e la strada, girando a sinistra si fa pianeggiante, appare una salita
micidiale. Basta un attimo per capire che si dovrà scendere. Dopo venti metri mi gioco anche
il 21° rapporto del cambio, quello del disonore; non c'è niente da fare a metà salita piede a
terra. Riparto altri trenta metri ed altra sosta, più lunga tanto, ormai... La neve ha coperto tutto,
solo la strada è pulita. Finalmente arrivo tra vento e acqua al rifugio. Dentro gli altri sono
freschi e riposati come fossero arrivati in elicottero.
Scattiamo qualche foto e poi, opportunamente vestiti, iniziamo la discesa. Il fondo viscido non
è un problema, i copertoni larghi e scolpiti tengono. Supero qualche compagno poi mi fermo
per scattare loro alcune foto; riprendo quindi la discesa, da solo.
Non piove più, la neve è rimasta in alto, adesso nei prati ci sono distese di bucaneve. Vorrei
affidare alla Pentax tutte queste immagini, quasi temessi di dimenticarle... Il gruppo degli
scalatori si ricompatta a valle per il rientro; Corrado è caduto in discesa, ci guadagna una foto
sulle ferite (cinico AdB) e la sgridata della morosa.
Rientrati alla base c'è tempo per un riposino. Dopo cena si gioca a carte e poi in birreria per
stare insieme e godersi quest'ultima giornata tra ciclisti.
E siamo al terzo giorno. Si parte con il bagaglio appresso per Prato alla Drava. Falsopiano
fino a Dobbiaco, poi una raffica di salite intervallate da qualche discesa ci portano a 1600
metri. Dentro e fuori dai boschi, magnifiche vedute della Val Pusteria. Il sole; se non fosse per
le salite e per le mie gambe oramai insofferenti alle variazioni dell'asfalto si starebbe anche
bene.
Ai 1600 ci arriviamo sgranati e stanchi; colpa del capogita, pensano in tanti. Quando arriva
viene accolto a pallate di neve. Così impara. Arriva Franco (questa volta innocente caso
strano) ed è neve anche per lui.
Pranzo alla Gasthof Jaufen (ottimo), foto di gruppo e discesa per San Candido. Giunti a valle,
durante la sosta per i ritardatari, i soliti burloni appesantiscono qualche bici lasciata
incautamente sola con cubetti di porfido. Per migliorare l'aderenza, diranno più tardi.
Da San Candido il treno per Bolzano, poi Verona. Alla stazione, un treno di tifosi bresciani "in
festa" che rende necessario l'intervento della Polfer ci ricorda che siamo a casa. Sul piazzale
antistante la stazione ci salutiamo mentre la gente ci guarda con un pizzico di invidia.
Guido Cerpelloni