Periodico degli Amici della Bicicletta

QUATTRO GIORNI
NELLE MARCHE

articolo del n.46/1995

Cronaca (poco seria) dell'ultima quattro giorni A.d.B.

Lettera aperta a Vecchio Aceto
Caro amico che saltuariamente su queste pagine ci offri i tuoi briosi resoconti di viaggio, ti voglio ringraziare per le risate che spesso mi sono fatto leggendoli, ma permettimi anche di dirti che io ho capito qualche cosa di più, conoscendoti di persona.
Sotto il tuo tono scherzoso, al di là delle battute, fuori dai doppi sensi e dalle ironie, tu sei un inguaribile, romantico sognatore.
Lo so perché le emozioni che tu mascheri, sottolineando l'aspetto comico delle situazioni, sono anche le mie.
Abbiamo goduto insieme dei paesaggi tra i quali incedevano le nostre due ruote, dei campi arati sotto il sole, dei casolari arrampicati sui poggi, delle maestose querce isolate.
Abbiamo faticato insieme sulle salite, ascoltato il vento delle discese sfrenate e respirato le fragranze delle stagioni.
Abbiamo apprezzato il semplice stare insieme con gli amici, quando nessuno ha niente da imporre - idee o comportamenti - agli altri.
Abbiamo scherzato con le gentili amiche per vedere soddisfatta la nostra innocente vanità con un complimento od un sorriso condiscendente.
Sono cose che contribuiscono a dare un senso alla nostra vita un pò affannata, che ci aiutano a traghettare, limitando i danni, da una settimana all'altra.
Spero di averti ancora "a ruota" e ti saluto con affetto,
tuo ALTER EGO

Sabato 29 ottobre 1994, ore 00.10, una lunga teoria di ciclisti con bici a mano si snoda per l'atrio ed i corridoi della Stazione F.S. di Verona e sale faticosamente le scale di accesso ai binari, tra la frettolosa curiosità dei viaggiatori.
Sono i 48 selezionati (?) partecipanti all'ormai tradizionale "quattro giorni d'autunno" degli Amici della Bicicletta di Verona, organizzata quest'anno nei dintorni di Ancona.
Il carico delle bici sul vagone bagagliaio avviene con collaudata rapidità e perizia tanto che, alla fine, il numero delle pompe disperse si conta sulle dita di una sola mano; poi si tenta di prendere posto sul treno affollatissimo; a qualcuno non resta che occupare la toilette e respingere eroicamente i ripetuti attacchi di schiere di bisognosi.
La situazione migliora con il cambio a Bologna e finalmente chi riesce a farlo, per l'esperienza accumulata a scuola o al lavoro, può dormire da seduto.
L'arrivo a Senigallia verso le nove del mattino, rappresenta per tutti una liberazione. Prima che arrivino le bici, al seguito di un altro convoglio, c'è il tempo di svaligiare i due bar nei pressi della Stazione.
Alle 9.30 possiamo salire in sella, dopo gli ultimi controlli al mezzo ed ai bagagli; il cielo plumbeo non promette nulla di buono.
Percorriamo in piano la S.S. 360 fino a Casine e poi la S.P. 18 che sale ad Ostra; si continua con vari saliscendi per Belvedere Ostrense e Moie, sotto qualche spruzzata di pioggia; qui si imbocca la S.P. 76 per Serra S.Quirico, antico borgo murato che merita una visita. Alle gallerie di S.Vittore delle Chiuse ci attendono i Carabinieri con due auto per farci da scorta nel transito pericoloso.
E' una cosa abbastanza impressionante, l'eco sotto le volte fa sembrare il rumore delle auto che incrociamo simile a quello di un aereo in picchiata; molti trovano subito divertente emettere urla belluine e scampanellare a tutto spiano per apprezzare il fenomeno acustico ( a sette anni i xe putei, a ...35 ancora quei). Forse questa volta grazie a questi semplici amici, i Carabinieri avranno superato il complesso d'inferiorità dovuto alle note barzellette.
Arriviamo così a Genga Stazione, dopo aver percorso una cinquantina di Km.. L'albergo è un due stelle (cadenti, dirà qualcuno). C'è appena il tempo di depositare bici e bagagli e correre alle vicine Grotte di Frasassi, dove ci attendono gli speleologi del CAI per una straordinaria visita guidata. Un po' di caos per la vestizione, ma poi, tutti perfettamente bardati con tuta, stivali e casco con pila frontale affrontiamo l'ignoto. Il fascino dell'ambiente ipogeo è enorme e conquista tutti, ma si trova anche l'occasione di scherzare aiutando l'arrampicata dell'amica che ci precede con spintarelle localizzate non proprio innocentemente, o ingaggiando una battaglia a palline di fango.
All'uscita dalle Grotte tre aspettative gioiose accomunano i nostri amici: la possibilità di ristorarsi sotto una doccia bollente, la cena "ricostituente" ed il dopo cena conviviale.
Non tutte vengono soddisfatte in eguali misura infatti, come prevedibile, le docce esauriscono ben presto la provvista di acqua calda e la cena lascia qualcuno non del tutto soddisfatto.
Nel dopo cena comincia ad aleggiare un'atmosfera mistica (che ritornerà poi in più occasioni) grazie agli spunti offerti da un amico esperto di spiritualità monacense il quale, con parole sue, illustra taluni aspetti meno conosciuti come alcune usanze conventuali del 1300 connesse all'uso vario di acquasanta e "candeloti".
L'indomani (2° giorno), riposati e con il morale a mille per la bella giornata di sole ripercorriamo a ritroso la S.P. 76 fino ad Angeli (sempre con la scorta dei CC per le gallerie) e giriamo a destra imboccando la lunga salita - circa 7 Km. - che porta a Cupramontana.
I bellissimi panorami offerti dai continui saliscendi ci distruggono dalla fatica.
Giungiamo infine a Marcelli di Numana (Km. 75), al mega Hotel S.Cristiana, nostra base fino al ritorno a casa che è quasi buio. Facciamo il nostro ingresso trionfale accolti dagli animatori un po' suonati con i pattini a rotelle ai piedi ("Salve, sono Massimo, ci divertiremo un zacco").
Già si favoleggia di una mitica cena a buffet e, all'orario stabilito tutti sono già ai blocchi di partenza in spasmodica e famelica attesa; in pochi minuti verranno distrutti mesi di penosi sacrifici con la bilancia all'occhio e poca consolazione offrirà la considerazione che "tanto è tutto pagato".
Alla colazione del mattino la scena si ripete e, come sperimentano gli altri ospiti privati di brioches, la calata degli Adb equivale ad una invasione di locuste di biblica memoria.
Il programma della terza mattinata prevede la visita di Recanati e di Loreto. Alle 8.45 siamo di nuovo in sella e percorriamo il lungomare, in pieno sole, fino a Porto Recanati per imboccare poi una stradella sulla destra che in breve diviene a fondo naturale e che, con breve strappo, ci riporta a quota panoramica.
Nonostante il fiato corto, accompagnano la fatica le sacre invocazioni che qualcuno leva al cielo (Santa Madre de Loreto sa eto fato buteleto) e altre, più profane, esprimenti l'apprezzamento virile per il gentil sesso.
Qualche saliscendi sul crinale delle colline e poi si imbocca la salita che, aggirandone l'abitato, ci fa entrare in Recanati (21 Km). Qui, abbandonate le bici, visitiamo la casa del Leopardi, con la famosa Biblioteca, ed i luoghi suggestivi che ispirarono le sue poesie.
Altri 10 Km. con prevalenza di discesa e siamo a Loreto per la visita al Santuario della Santa Casa, davanti al quale viene sciolto un voto dei soci più anziani con la preghiera per un noto personaggio del direttivo, noto misogino: "Oh Madonna fa che el se cata la morosa che così se lo cavemo de torno".
Ancora colli, crinali e discese e torniamo a Numana.
All'albergo lasciamo le bici, afferriamo al volo due panini imbottiti, rosicchiando i quali saliamo sull'autobus per Sirolo.
Di lì, a piedi, per uno dei numerosi sentieri naturalistici immersi nella macchia mediterranea del Monte Conero, scendiamo alla magnifica baia "Le Sorelle", dopo aver ammirato dall'alto il panorama del litorale roccioso ed esserci riempiti la pancia di rossi corbezzoli maturi.
Il sole ci accompagna anche il 4° e ultimo giorno mentre, con una buona salita, superiamo Sirolo, scollinando poi verso Ancona con una lunga entusiasmante discesa fino al porto della città (Km. 30).
Qualche foto ricordo, il pranzo con il brindisi di compleanno per l'amico Massimo e poi è ora di riprendere il treno per Verona.
Vecchio Aceto

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