NON
VADO PIU IN BICICLETTA
A Verona pedoni e ciclisti rischiano
la vita;
alcune proposte per una città possibile.
Sono un ciclista urbano, ormai da oltre
15 anni. Chi mi conosce si è abituato a vedermi girare
per Verona in bicicletta (non per sport o passione, ma
per i miei normali spostamenti quotidiani).
Eppure ultimamente mi ha visto ben di rado. Da circa un
anno ho appeso la bici al chiodo e vado al
lavoro in autobus. Per una semplice ragione: in
bicicletta ho cominciato ad aver troppa paura (e sono
stufo di aspettare che, nella gestione del traffico, a
Verona cambi qualcosa).
Perché ho più paura? Il traffico a
Verona è sempre stato pesante, eppure mi ci sono
destreggiato a lungo.
La situazione però è andata deteriorandosi.
Le ragioni di questa situazione, sono
molteplici.
Sulle strade circolano più automobili, ma soprattutto
sempre più potenti. Io stesso, abituato ad
unaccelerazione graduale, cambiando auto ho potuto
constatare la differenza. Una lieve spinta
dellacceleratore e si arriva ben oltre i cinquanta,
spesso senza accorgersene (anche per la maggior tenuta di
strada). Ho percepito, quindi, che ormai guidiamo dei
proiettili, molto pericolosi se non si è
più che prudenti ed attenti ai diritti degli altri
utenti della strada...
Invece si nota un progressivo imbarbarimento
nel modo di guidare, sempre più veloce, nervoso,
intollerante verso i diritti degli altri. E, a fronte
dellaumento di pericolosità, sulle nostre strade
non cè stato neppure un corrispondente aumento
della vigilanza pubblica. Anzi la repressione dei
comportamenti illeciti lascia alquanto a desiderare.
Purtroppo, mi sembra, i nostri Amministratori ma anche,
più in generale, tutti i cittadini, sono
culturalmente molto impreparati di fronte a
questa situazione. Poco o nulla si è fatto per
fronteggiarla ma, quel che è più grave, spesso neppure
ci si pone il problema.
Ci si preoccupa del traffico più che altro perché non
è abbastanza fluido o, quando va bene, perché inquina o
disturba. E quelle poche volte che si parla di sicurezza
si pensa a chi guida (airbag, cinture, casco, ecc.),
raramente a chi sta fuori.
E, si badi bene, tutto questo non
riguarda solo i ciclisti. Tutti siamo pedoni
e molti sono quelli più deboli che non
riescono a muoversi autonomamente per la pericolosità
delle strade e del traffico (anziani, bambini,
handicappati, ecc.).
E necessario pertanto affrontare questo problema
con maggior decisione ed investendo più risorse.
Lesperienza di molti Paesi Europei può dare validi
suggerimenti. Noi Amici della Bicicletta li abbiamo
citati più volte per le piste ciclabili, che
però, evidentemente, non arriveranno mai se non cambia,
più in generale, anche il modo di muoversi e di gestire
la viabilità.
I tecnici comunali, quelli che mettono mano alle nostre
strade, dovrebbero cominciare a realizzare, dove
possibile, tutti quegli accorgimenti che entrano nel
campo della cosiddetta moderazione del
traffico (attraversamenti pedonali sicuri, zone 30,
strade residenziali, moderazione della velocità, ecc.).
Servono poi anche campagne di educazione stradale, verso
tutti gli utenti (automobilisti, motociclisti, ciclisti,
ecc.). E necessario sensibilizzare ai
diritti degli altri, ma anche istruire; per evitare
incidenti bisogna anche conoscere le manovre da evitare e
le situazioni a rischio (e anche molti ciclisti
commettono, talvolta per ignoranza, gravi imprudenze).
Bisogna quindi modificare i comportamenti sia
ritoccando le strade, sia con
leducazione ma, quando non basta, anche con una
valida repressione; cioè maggior presenza delle forze
dellordine e, alloccasione, sanzioni severe.
A mio parere, però, il problema non è solo questione di
provvedimenti amministrativi, ma richiede anche un
cambiamento culturale per il quale gli organi di
informazione, gli educatori e le associazioni dovrebbero
impegnarsi con maggior vigore.
Questo non deve essere un alibi per gli
amministratori pubblici (come spesso lo è stato); chi
governa è comunque responsabile e dovrebbe affrontare il
problema e prendere i provvedimenti necessari. Non si
può negare tuttavia che i Paesi Europei citati, si
distinguono anche per una diversa cultura; è
considerato intollerabile, ad esempio, che un bambino non
possa recarsi a scuola da solo o che un anziano non
riesca ad attraversare la strada....
In Italia invece impera lidea che la strada
è delle auto. Ho notato, ad esempio, anche come
passeggero sulla vettura di amici e conoscenti, che molti
automobilisti reagiscono con stizza e fastidio alla
presenza di ciclisti o pedoni sulla strada, perché
evidentemente invadono il loro territorio.
Oppure gli stessi pedoni che ringraziano gli
automobilisti che si fermano agli attraversamenti
pedonali; lo ritengono una gentile concessione, non un
diritto....
E necessario convincersi che la strada è di
tutti; altrimenti sarà difficile tornarvi a
camminare o pedalare sereni.
Stefano Gerosa
Post Scriptum:
Questa mia decisione (triste) di diminuire luso
della bicicletta (solo in città) non è definitiva. Come
qualcuno avrà già intuito non ho di certo intenzione di
mollare.Significa però che la battaglia per
le piste ciclabili, seppur necessaria, non è più
sufficiente, che occorre muoversi ed agire in molte altre
direzioni.Sono contento che gli Amici della Bicicletta di
Verona abbiano deciso di impegnarsi anche nel campo della
moderazione del traffico e, per chiarirlo a tutti, di
aggiungere al proprio nome lo slogan per una città
possibile, cioè per una città dove pedoni,
ciclisti ed automobili possano muoversi tutti meglio, con
maggior rispetto e sicurezza.
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Martedì
30 Settembre il quotidiano LArena
pubblicava unironica lettera del nostro presidente
che, a proposito dellennesimo mortale incidente
occorso ad un ciclista, il musicista Gianmaria Mingoni,
intendeva criticare le conclusioni distorte che spesso i
giornali, e non solo loro, traggono da questo genere di
tragici avvenimenti. Lo scritto, titolato Così si
fa una città a misura di bicicletta, veniva
trascritto non senza consistenti tagli che ne hanno
alterato il significato originario. Eccovi la versione
...non depurata: Fa impressione, leggendo fra le cronache
veronesi di questa estate, la tragica sequenza di
incidenti mortali che hanno colpito ciclisti e pedoni,
quasi sempre incolpevoli vittime di comportamenti
scriteriati, se non criminali, ma ormai divenuti abituali
per molti automobilisti. Nellultimo (speriamo)
della lunga serie, un ciclista é stato ucciso da
unauto mentre attraversava Viale Caduti del Lavoro,
lo stradone del Saval. Lautomobile viaggiava
evidentemente ad alta velocità, nonostante il limite,
non si spiegherebbe altrimenti come una frenata di
cinquanta metri non abbia impedito un impatto dalle
conseguenze mortali, ma
un articolo di commento allaccaduto apparso su
LArena del 19 Settembre ribaltava
completamente i termini della questione, arrivando a
formulare delle soluzioni, quantomeno grottesche.
Lestensore dellarticolo, rivelando un modo di
affrontare i problemi alquanto superficiale, peraltro
comune a molti opinionisti da bar, non
trovava di meglio che auspicare una completa chiusura dei
varchi nello spartitraffico, così da impedire
lattraversamento della strada a chi dallarea
del Provveditorato volesse raggiungere in bici il
quartiere del Saval.
Ragionando per analogia,
ci permettiamo di suggerire una
serie di provvedimenti assai economici da realizzare e
che garantirebbero la sicurezza di ciclisti e pedoni,
anche perché contribuirebbero, alla lunga, ad eliminare
dalle strade veronesi queste fastidiose categorie di
cittadini, già in forte diminuzione negli ultimi anni.
1) Chiusura della nuova pista
ciclabile di Viale Piave, dopo leliminazione di
quella dalla parte opposta del viale, per evitare ai
ciclisti diretti o provenienti da Borgo Roma il rischioso
attraversamento dello Stradone Santa Lucia e, in
conclusione, chiusura di Viale Piave ai ciclisti.
2) Introduzione del divieto di transito alle bici nei
pericolosi sottopassi di Via Albere, sì da costringere
un ciclista che da Santa Lucia volesse recarsi in Centro
a compiere, vista la precedente chiusura di Viale Piave,
il giro da Basso Acquar, o, meglio ancora, a desistere da
tale malsano proposito e usare lauto se ce
lha.
3) Soppressione di tutti gli attraversamenti pedonali in
Corso Milano, data la loro pericolosità statisticamente
dimostrata. Chi volesse attraversare il corso potrà
farlo portandosi davanti alla basilica di San Zeno,
ammesso che riesca ad arrivarvi con i marciapiedi
costantemente occupati dalle auto. In alternativa gli
rimarrà sempre la possibilità di invocare il Santo
patrono.
4) Eliminazione delle isole salvapedoni in
Largo Stazione Vecchia a Parona, normalmente utilizzate
in tutta Europa, ma contestate (udite, udite!) dai
commercianti locali. Si offrirebbe così la possibilità
ai nostrani emuli di Schumacher di dar sfogo ai propri
istinti senza rischiare di rovinare lassetto ruote.
Ovviamente si consiglia ai
bimbetti costretti ad attraversare la strada di
presentarsi a scuola accompagnati dai genitori,
possibilmente in auto blindata.
Un ultima considerazione: la
città Verona é da questanno membro
dellAssociazione Italiana Città Ciclabili, una
sorta di consorzio fra i comuni che si impegnano a
promuovere e a sviluppare luso della bicicletta per
ridurre il traffico e linquinamento urbano!
Qualcuno finora se ne é accorto?
Massimo Muzzolon
P.S.: in rosso le
parti non pubblicate da LArena.
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