La vita materiale è migliorata notevolmente dagli anni in cui sono nato io, che pure non ho vissuto le miserie della guerra. Ma ci sono dei buchi neri nell’organizzazione sociale che proprio non riesco a sopportare.
Un giorno di luglio, dovendo andare a Bovolone, ho pensato bene di percorrere la strada provinciale, anziché la Superstrada. Pensavo di rinverdire i ricordi della mia giovinezza, quando ero capace di fare anche due volte in un giorno Cerea-Verona e ritorno, con la vecchia cinquecento “La celestina”. Macché rinverdire il passato! Intanto la strada è irriconoscibile, tranne un brevissimo tratto, e poi mi è stato impossibile guardarmi attorno, a causa dello stato pietoso del manto stradale. E chiamarlo manto è veramente una parola grossa, dal momento che assomiglia più ad uno striminzito bikini traforato a caso.
Ormai tanti anni fa, quando andavo al lavoro in bicicletta, scrissi una lettera al quotidiano locale in cui elencavo le oltre duecento buche che dovevo affrontare tutti i giorni in otto chilometri. Adesso non sarei più in grado di farlo: la provinciale per la Bassa è un susseguirsi ininterrotto di “taconi” e di buche per chilometri e chilometri. E nello stesso stato o molto simile (buche, taconi, rami sporgenti, tombini dissestati, segnali storti o ribaltati) si trovano tante altre strutture viarie (piste ciclabili comprese) ed edifici pubblici. È solo una questione di soldi? No. Il fatto è che noi italiani abbiamo un male endemico che, nel caso dei preti, viene detto “mal de la piera”.
È notorio che tutti, o quasi, i parroci tendono a realizzare opere faraoniche, indebitando le parrocchie. Sindaco Sboarina, le do un consiglio gratuito: non faccia come i parroci, dedichi almeno metà del suo tempo alla manutenzione ordinaria. Sarà ricordato come un ottimo sindaco e mi adopererò personalmente perché sia eretta una statua in suo onore.
(da Ruotalibera 154 – agosto/ottobre 2017)