L’importanza delle parole
Chi mi conosce personalmente sa quanto sono forte in bicicletta. Ogni giorno vinco la sfida contro il traffico cittadino andando al lavoro con una pieghevole, smontando decenni di narrazione automobilistica, arrivando sempre prima di molti colleghi.
Eppure, per il codice della strada sono comunque considerato un utente debole, quasi a sottolineare che esistano gli utenti forti; forti solamente a pigiare sull’acceleratore e senza disdegnare, anche in malo modo, di chiedere quella strada che da utente debole occupo impunemente.
Le parole sono importanti, sono parte del nostro modo di pensare e concepire il mondo. La cronaca giornalistica è troppo spesso un esempio di pessima interpretazione della realtà. “Pedone investito da una macchina” oppure “ciclista investe auto” o anche l’immancabile “strada assassina” sono titoli che leggiamo troppo spesso. Queste intestazioni hanno il chiaro obbiettivo di mettere come protagonista le vittime della strada, mettendo in secondo piano chi guida.
L’auto di per sé non uccide, così come le curve strette. Sono il guidatore distratto e la velocità a mettere a repentaglio la vita di chi ogni mattina sceglie di andare a piedi, usare la bicicletta o il trasporto pubblico, attivandosi in prima persona per arrivare a destinazione in orario. Contrariamente a questi, chi non vede altra mobilità oltre a quella sulla propria auto non può che accettare passivamente il triste destino di rimanere imbottigliato nel traffico.
Quindi miei cari lettori, ecco un’altra proposta a costo zero: nel codice della strada (e sui giornali) descriviamoci come utenti attivi!
(da Ruotalibera 166 – aprile-giugno 2020)