Lagune d’ottobre
Quando l’estate è finita ma le giornate sono ancora dolci e soleggiate, provo una voglia insopprimibile di andare, esplorare, godere bellezza. Voglia di scoprire luoghi accoglienti, appartati, tranquilli, dove evitare i rumori del quotidiano e respirare libertà. Sono esperienze che ormai da tempo associo alla mia bicicletta: ne ho un assaggio anche solo per qualche ora quando lei mi porta poco lontano da casa, su una panchina in riva al lago, sull’alzaia del fiume, sul terrazzo di una trattoria in collina, ma le assaporo a pieno quando a lei dedico più tempo, tre o quattro giorni, una settimana o più.
I preparativi del viaggio sono già un piacevole preludio: cercare amici con cui condividerlo, da sola non andrei mai, immaginarne a grandi linee il percorso, inserire ogni luogo bello da vedere, ogni esperienza bella da non mancare, insieme stabilire la sequenza delle tappe giornaliere, individuare le ciclabili e le strade più tranquille, scegliere l’accoglienza più confortevole. E poi pedalare, in compagnia.
È andata così anche in questo ottobre tra le lagune adriatiche: ho lanciato una proposta, è stata accolta, insieme l’abbiamo elaborata e siamo partiti. In treno! Una partenza che ha sempre il sapore della sfida: ce la faremo? ci sarà posto per le nostre sei bici? prenderemo la coincidenza a Mestre? E così giungere all’ora prevista alla stazioncina di Cervignano-Aquileia-Grado è già un primo successo.
Non intendo descrivere le tappe del nostro viaggio (nel riquadro), vi propongo solo qualche suggestione sensoriale che ricordo con particolare vividezza.
La prima è la vista dell’alto campanile della basilica aquileiana che svetta lontano, si avvicina, poi si allontana, di nuovo si avvicina mentre da Cervignano pedaliamo zigzagando per stradelle tra i campi.
E poi la ricchezza, la vastità, la meraviglia del pavimento musivo della basilica di Aquileia, dono senza tempo di chi sapeva guardare la natura e meditare la Scrittura. Pensiamo che la numerosissima colonia di cigni adagiata nel mare nei pressi della foce dell’Isonzo sia solo una visione di calma e di silenzio,
invece si trasforma in emozione per la vista e per l’udito ogni volta che un piccolo gruppo dei maestosi volatili prende il volo:
si alzano lenti, sembrano faticare a prender quota, ma ecco che le loro grandi ali li sollevano, producendo un inatteso rombo attutito come i motori d’un aereo che decolla in distanza.
La spoglia, ruvida bellezza delle chiese romaniche di Grado, che c’invitano ad una pausa meditativa e ci incantano di luce e di colori d’affresco.
Pedalare sull’acqua incontro all’abbraccio dell’amplissimo arco di montagne che pare attenderci, la sensazione unica che si prova risalendo il sottile filo di terra che da Grado ad Aquileia spezza in due la laguna.
Un momento incredibile sulla spiaggia quasi deserta di Bibione: lasciar vagare lo sguardo a occidente e ammirare un cielo riscaldato dai colori del tramonto, volgerlo ad oriente e scoprire che l’azzurro è ormai blu e la luna piena proietta il suo argento su cielo e mare.
Case colorate, vicoli stretti, l’inconfondibile campanile fatto di cilindro e di cono, il santuario sul mare, le dolci bellezze di Caorle.
Una lunga strada di ghiaia, accompagnata da pioppi, tamerici, aironi e garzette, che ci porta a godere una magica serata di acqua e barena nel cuore della laguna veneziana, a Lio Maggiore, dove la cena ha il sapore del mare.
Il profilo di Venezia, remoto, nebbioso, e poi più vicino, più nitido, finché scendiamo dal vaporetto ai Giardini: a piedi, a Venezia non c’è posto per le bici, rimangono in custodia all’isola del Lido.
Delle cupole, i marmi, gli ori, i ricami di questa fragile città non vi dico nulla, li conoscete, voglio evocare soltanto la magia di camminare al buio tra i canali del suo sestiere di Castello senza incontrare nessuno, intravedere dietro i rami degli alberi la facciata appena illuminata della basilica di San Pietro, l’antica cattedrale, spiare la vita dei veneziani dalle finestre illuminate delle loro case.
Ma non tutto è armonia, poco dopo la sensazione è di rabbia e impotenza quando, è ormai notte, sulla Riva degli Schiavoni vediamo passare tronfia della sua mole e delle sue luci una grande nave; una coraggiosa cittadina veneziana, lei sola, scende da casa e sulla riva sventola la sua piccola bandiera “No Grandi Navi!”: le offriamo la nostra solidarietà, ci è grata.
Di nuovo in bici nel tratto meridionale della laguna, le case di Pellestrina scorrono al nostro fianco serene, colorate, ignare dell’invasione dell’acqua granda che le violerà in novembre, ennesima prova della fragilità di questo ecosistema così speciale. Ultima sensazione: l’aria fresca, tagliente, limpidissima del mattino sul verde argine del Po che da Porto Viro ci conduce a Ferrara.
E il cerchio si chiude col treno per Padova, dove, miracolo, riusciamo tranquillamente a salire con le bici su quello per Verona, che consideravamo imprendibile per l’esiguità del tempo a disposizione per il cambio, perché ci fa la cortesia di partire dal binario di fronte.
(da Ruotalibera 166 – aprile-giugno 2020)
LE TAPPE (dal 10 al 16 ottobre 2019)
- 1 Cervignano – Caneo – Punta Sdobba – Tenuta Primero (47 km)
- 2 Tenuta Primero – Grado – Cervignano – Carlino – Precenicco – Bibione (89 km)
- 3 Bibione – Lugugnana – Sindacale – Caorle – Jesolo – Lio Maggiore (92 km)
- 4 Lio Maggiore – Cavallino – Punta Sabbioni – Lido (35 km)
- 5 (giornata libera a Venezia)
- 6 Lido – Pellestrina-Chioggia – Porto Viro (69 km)
- 7 Porto Viro – Polesella – Zocca – Ferrara (75 km)