La Roue Libre
Chissà cosa avrà pensato Damien, seguendo l’ansa della Saône, quando ha visto per la prima volta l’edificio. Anzi, chissà se l’ha visto subito, oppure se era preso come noi a guardarsi intorno e godersi il paesaggio. Poco prima un pontile privato, con due sedie colorate e un tavolino di ferro battuto, sembravano messi apposta per farti invidiare chi poteva ritagliarsi ogni giorno qualche ora a stare lì, gustarsi un bicchiere di Borgogna e vedere scorrere placido il fiume. Ma la voglia di rilassarsi, qualche ora o qualche minuto, Damien e Greg ve la soddisfano poco dopo, nel loro splendido bike cafè, la Roue Libre.
E con un nome così non poteva che uscirne un articolo su Ruota-libera!
Ma facciamo un po’ di ordine. Stiamo scendendo la Saône, provenendo dalla Borgogna e diretti a Lione, dove prenderemo la ciclabile del Rodano.Itinerario tranquillo, a pelo d’acqua, tappe leggere ma bici pesanti, anche se siamo nella media bassa dei carichi che incontriamo. Trévoux è una delle tante cittadine che meriterebbero di essere visitate, ma per quanto non abbiamo tempi stretti, qualcosa lasciamo indietro. D’altra parte il cicloturista un po’ è ciclo ed un po’ è turista, mica può essere solo uno o l’altro, almeno noi la pensiamo così.
C’eravamo fermati un’ora prima a mangiare, pane, pomodori e formaggio, non abbiamo l’abitudine, purtroppo, di programmare le soste seguendo la cartina, ci facciamo guidare dalla pancia, dal caldo e dalla fatica. Ci mancava il caffè, quindi guardavamo con attenzione ogni edificio che si affacciava sulla pista ciclabile o poco più in là. Dietro un’ansa, sotto grandi alberi, qualcosa che sembra quello di cui abbiamo bisogno. Qualcosa che si rivela ciò di cui ogni ciclista potrebbe aver bisogno. Siamo essenziali noi ciclisti, siamo pratici e siamo, penso, in fondo un po’ ecologisti, quindi non ci facciamo impressionare delle sedie diverse, di plastica e di legno, certamente riciclate, oppure dai tavolini anch’essi dalla provenienza variegata, alcuni ricavati dai grandi rulli di legno su cui si avvolgono i tubi elettrici.
Tutto questo ci attrae, ma soprattutto ci attrae lo spirito che pervade il luogo e fin dalla prima impressione ci cattura. Sono quei posti dove ci staresti ore, lasciandoti incantare da ogni singolo dettaglio, dalla ruota appesa a mo’ di insegna alle bici appese nell’officina, che fanno capolino dietro il bancone del bar, ai pannelli espositivi di alcune mostre di fotografia, anch’essi riciclati e appesi alla recinzione di canne di bambù. Particolarmente invitanti le sdraio a bordo fiume, su cui ci stravacchiamo, godendoci il posto e bevendo il nostro agognato caffè. Tre giovani operai francesi sono seduti ad un tavolo, stanno indicando a due cicloturisti il percorso sulla mappa. Un’altra ciclista si ferma, la salutano e la invitano ad accomodarsi con loro, noi restiamo un po’ in disparte, a scattare qualche fotografia.
Ad un altro tavolo Damien e Greg, i proprietari del posto, si godono la scena e intervengono dando alcune dritte. Mi avvicino anch’io e faccio i complimenti per il posto, esordendo subito con l’asso che avevo in tasca, citare Ruota-libera. “Fantastico, un’Internazionale delle Ruote Libere” esordisce Damien, e da lì si apre al racconto della loro esperienza, stimolato dal mio “potrei sentire se possiamo scrivere un articolo su di voi”. Greg e Damien sono amici da più di 15 anni, impegnati in differenti percorsi professionali ma con la stessa passione di viaggiare in bicicletta, anche se con stile diverso. Greg ama i viaggi a lungo raggio: nel suo primo ha attraversato tutte le Americhe in ogni possibile direzione per 18 mesi, nel successivo ha percorso il deserto di Sonora per raggiungere il Messico, nel terzo ha attraversato i principali parchi nazionali del Nord America: a quei viaggi, che molti sognano e che pochi potranno realizzare, accenna appena ma ogni parola nasconde un racconto.
Parla delle strade andine, di tempeste tropicali, della calda ospitalità latina, di meccanici di strada, abili a riparare ogni tipo di mezzo, ma sempre super economici, dei più curiosi tipi di cibo di strada, delle notte caraibiche, a ballare fino all’alba, dei rumori della selvaggia natura amazzonica e ti sembra di vederlo, vivere fino in fondo ogni emozione di viaggi così pregnanti.
Più nordico, Damien, aveva sì una esperienza di viaggi in bicicletta, ma ad un livello diverso, piccoli viaggi in Europa con gli amici e la famiglia, nei quali usavano un simpatico tandem olandese dove potevano sedere i due bambini. Ma in particolare aveva fatto un sacco di chilometri in bicicletta lavorando con una bici cargo per una piccola società da lui fondata. Damien si trasferì poi oltreoceano per qualche tempo, nell’inospitale (per le bici e non solo) deserto del Sonora dove è stato warmshower host. Qui il mio inglese ha arrancato per un po’, ma non si trattava di lingua, ma di cultura. Letteralmente “fornitori di doccia calda”, gli warmshowers aderiscono ad una rete mondiale di ospitalità per ciclisti, grazie alla quale Damien ha avuto fantastiche esperienze accogliendo viaggiatori da tutto il mondo. Ed è lì, nel deserto del Sonora, tra i cactus ai confini tra Messico e Stati Uniti, che i due si conoscono, uniti dalla passione per la bicicletta.
Né Greg né Damien l’hanno mai considerata come un mezzo agonistico, ci tiene a sottolinearlo, ma entrambi la vedono come un meraviglioso strumento per la vita quotidiana e per viaggi a lunga distanza. Per quanto riguarda la Roue Libre, Greg è il vero iniziatore del progetto, gli piace usare termini ciclistici, si definisce quello che ha lanciato la fuga: stancatosi del suo lavoro di ingegnere informatico ha abbandonato il peloton della sua vita quotidiana, iniziando un apprendistato come meccanico per biciclette. Quando ha iniziato una sorta di Tour de France dei Bike Cafè per raccogliere le migliori idee Damien è “saltato sulla sua ruota” e hanno intrapreso assieme questo fantastico viaggio.
L’idea del bike cafè che hanno aperto è di offrire uno spazio come gli piacerebbe trovare durante i loro viaggi: cibo locale, birre artigianali del posto, belle persone da incontrare, supporto tecnico, pezzi di ricambio e accessori, concerti, presentazioni di storie di viaggio, corsi di meccanica. La loro idea è di mescolare i cicloviaggiatori sulle loro strade con la gente locale, con lo scopo di connettere i viaggiatori con la vita dei posti in cui passano e contaminare i locali con il virus felice del viaggio in bicicletta. Così, dopo avere cercato per un po’ un buon posto – volevano essere lungo una pista ciclabile, non distanti da connessioni con i trasporti pubblici e non troppo lontani da una grande città – hanno trovato questa opportunità a Trévoux, a 25 chilometri da Lione, lungo la Voie Blue, la ciclabile tra Lussemburgo e Lione.
“Siamo molto contenti di questo posto, che è sulle rive del placido fiume Saône, dalla terrazza del caffè sembra di essere in mezzo ad un sito naturalistico e al tempo stesso siamo a 5 minuti di pedalata dal centro di questa città medievale”. Sono anche molto contenti che in estate accolgono ciclisti di tutto il mondo, soprattutto nordeuropei e vedono passare persone: persone che partono per viaggi di 3 anni, persone con ogni tipo di bicicletta ed ogni tipo di materiale; “tutto ciò è elettrizzante!” La cosa più bella che gli capita è quando vedono un gruppo di viaggiatori che parlano con i ragazzi del posto seduti qui per bere una birra e non hanno bisogno di loro, aprono le cartine e si scambiano dritte, informazioni e storie, come peraltro ho avuto modo di constatare personalmente.
Anche qui, a Trévoux la ruota gira libera, viva le ruote libere!
di Marco Muratore
(da Ruotalibera 177 – gennaio-marzo 2023)