Ciclisti, dove siete?
Dal conteggio che annualmente la FIAB effettua a settembre durante la Settimana Europea della Mobilità i ciclisti urbani a Verona risultano in calo, con valori che in taluni casi riportano a 10 anni fa.
L’impressione è che crescano. Ne vediamo sempre di più e il centro storico ne è pieno. Sono in ogni strada, in ogni piazza e arriviamo a lamentarci per la loro invadenza, per l’arroganza di alcuni di loro, invocando provvedimenti che ne limitino la libertà di circolazione. Ma quando andiamo a contarli… puf! pare si dileguino come fumo al vento.
Parliamo dei ciclisti urbani, parliamo di chi ha scelto la bicicletta come mezzo di spostamento quotidiano. Parliamo dell’oggetto del conteggio che annualmente Fiab effettua nella settimana del 22 settembre (Settimana Europea della Mobilità), alla ricerca di dati per la misurazione dello stato di salute della ciclabilità urbana. Nonostante le apparenze in premessa, questa salute non è granché, ci stiamo probabilmente ammalando. I valori rilevati, infatti, ci riportano indietro di un decennio. Per fare un esempio, a Castelvecchio per contare meno di 800 passaggi (771 quelli attuali) dobbiamo andare al 2006; per Ponte della Vittoria (590) al 2007; Ponte Nuovo e Corso Milano toccano il minimo storico rispettivamente con 455 e 389 passaggi. E via così…
Alle contestazioni sul metodo Fiab risponde ricordando che i suoi dati non hanno alcuna pretesa di scientificità, e che comunque cercano di fare del loro meglio per garantire la maggiore omogeneità possibile alle rilevazioni, evitando i lunedì (chiusura negozi), evitando i giorni di maltempo (anche per risparmiare la salute dei bravi e generosi volontari), utilizzando negli anni gli stessi rilevatori per gli stessi varchi (quando possibile) e mantenendo infine la raccolta nell’intorno dell’ora di punta, per due ore e mezza (dallo scorso anno anticipando alle 7:00, dopo aver osservato che molti ciclisti entravano in città, specialmente da sud, proprio in quella mezz’ora, mentre dopo le 9:30 il traffico si riduceva a cifre poco significative). Proprio in virtù di quest’ultimo spostamento, ci si sarebbe aspettati, già dallo scorso anno, una crescita dei valori. Invece no, e questa seconda rilevazione antelucana conferma il calo generalizzato anche rispetto al medesimo intervallo dell’anno passato.
Può essere interessante analizzare i dati di dettaglio, ma molto più importante cercare di capire le ragioni generali di un tale disastro. Le ipotesi sullo spostamento dei flussi non reggono di fronte al mistero di quali possano essere le nuove strade battute dalle bici; risulta difficile, ad esempio, credere che il flusso da Sud si sia spostato verso Santa Lucia o verso Basso Acquar. E per quanto riguarda l’ingresso in Centro pare che gli ingressi siano presidiati in modo abbastanza significativo. Forse occorre ammettere che sono in calo i ciclisti lavoratori…
La bicicletta ancora resiste, anzi è in crescita, come mezzo per vivere la città nel tempo libero, ma forse il Bike to work, cavallo di battaglia di Fiab e delle associazioni ciclistiche di tutta Europa, qui da noi non attecchisce. Se n’è accorto anche Kevin Mayne, il delegato di Ecf (European Cyclists’ Federation) che in un suo articolo racconta di aver notato, nel suo recente viaggio a Verona in occasione del Cosmobike, la sparizione dei ciclisti maschi di mezza età dalla nostra città. Sembra di risentire l’ex assessore Enrico Corsi, quando affermava che «la bicicletta è per gli studenti, le massaie e i pensionati; per quelli, cioè, che hanno tempo da perdere…». Sappiamo che non è così, da sempre Fiab contesta questa affermazione, che però oggi sembra prossima ad avverarsi.
Sta di fatto che un’idea così retrograda (ma ben radicata) della mobilità ciclistica, unita all’assenza di una chiara e netta politica di sviluppo e riconoscimento sociale del mezzo, comincia a mostrare evidenti le sue conseguenze. Concepire e comunicare la bicicletta come un mezzo di “serie B” la rende tale, nel lungo periodo, nell’immaginario collettivo e porta i cittadini ad adeguarsi a questo modello, anche perché le strade, pure quelle del centro, sono sempre più ostaggio dei mezzi a motore. È una deriva dalla quale vorremmo uscire, recuperando quanto perso in questi anni. Urge partire, da subito, con campagne di promozione serie e coordinate, che uniscano alla comunicazione di una nuova percezione dei ciclisti da parte dell’Amministrazione una serie di interventi, immediati e riconoscibili. Per dimostrare, a parole e con i fatti, che i ciclisti a Verona, tutti, sono davvero i benvenuti.
(da Ruotalibera 150 – novembre-dicembre 2016)
Vedi l’articolo “Il mistero della scomparsa dei ciclisti lavoratori”, pubblicato su Verona-in il 7 ottobre 2016