Anche le ciclabili hanno i punti neri
Mia moglie dice, e devo crederle, che sulla schiena ho due brutti punti neri. Io, però, non li vedo e quindi sono tranquillo. Vedo, invece benissimo i punti neri delle ciclabili veronesi e li segnalo regolarmente, anche se con poca soddisfazione. Tuttavia non mi arrendo e continuo, come un tarlo fastidioso, a segnalarli.
Questo non significa che io non apprezzi le novità positive che ogni giorno si annunciano e si realizzano riguardo alla mobilità ciclabile di Verona. Erano anni che non si notava un tale movimento. Con inevitabili errori (chi fa sbaglia) si comincia ad intravedere una vera e propria rete ciclabile cittadina che permetterà ai ciclisti urbani di muoversi in città più agevolmente e con più sicurezza.
La premessa era doverosa ma adesso è il momento della critica, per quanto costruttiva. Voglio qui parlare di una pista ciclopedonale tra le più conosciute di Verona, cioè quella che da Porta Vescovo arriva a Montorio. Pur tra grandi variabilità tecniche, più o meno discutibili (si va dalla ciclopedonale mista a quella con le corsie separate per ciclisti e pedoni, alla ciclabile pura ma a senso unico), è stata la prima a collegare una frazione con Piazza Bra. Bella impresa, viziata da alcuni peccati originali, ad esempio nella scelta dei materiali usati per le passerelle sul Fiumicello, costosi, deteriorabili e pericolosi in caso di ghiaccio.
E che dire dell’attraversamento dell’incrocio all’uscita dello svincolo della tangenziale Est alle Casermette di Ponte Florio? Procedendo in direzione Verona, il primo attraversamento è decisamente una roulette russa: alla cieca sia per i ciclisti che s’immettono e hanno le auto alle spalle, sia per gli automobilisti che provengono da Montorio e non vedono i ciclisti che s’immettono, spesso coperti dai rami dei cespugli a lato della pista. C’è poi l’annoso problema delle radici di uno splendido albero che, proprio sotto il castello, oltre a fare un’ombra molto gradita d’estate, crea uno scorcio paesaggistico interessantissimo. Per risolvere questo problema, ho proposto a chi di dovere l’intervento da eseguire, togliendo l’asfalto e posando una mini passerella rialzata in grigliato. Ci si ostina a rimettere l’asfalto, col risultato che le radici, alla ricerca di umidità, continuano ad alzarlo e romperlo mettendo a rischio l’incolumità di chi passa di lì senza sapere del problema.
L’ultima novità è di un paio di mesi fa. A cento metri dall’incrocio tra via Da Legnago e Via Belvedere, alle porte di Borgo Venezia, la ciclopedonale è stata interrotta, senza preavviso, per creare l’accesso all’ennesima lottizzazione di lusso. Accesso a circa 100 metri dal semaforo. Ne vedremo delle brutte! In seguito alle proteste degli utenti, alcuni incaricati del Comune hanno effettuato un sopralluogo ed hanno concluso che l’opera “non interrompe il ritmo della pedalata”. Oltretutto è viziata da un cartello sbagliato di interruzione della pista ciclopedonale. Potete verificare dalle foto che, effettivamente, 4 curve a gomito nel giro di dieci metri non interrompono il ritmo della pedalata. Basta andare ai 5 Km all’ora.
Sono un accanito sostenitore e utilizzatore delle ciclabili. Comunque siano confezionate, sono sempre meglio che andare in mezzo al traffico sempre più caotico e nevrotico, ma è evidente che un percorso ad ostacoli e magari in cattivo stato di manutenzione non può certo favorire l’uso della bicicletta da parte di chi non ama le scomodità. E non è detto che anche gli stakanovisti della bicicletta siano sempre così remissivi ed accettino tutto senza reagire.
(da Ruotalibera 181 – gennaio-marzo 2024)