L’Hotel Verona di Corso Porta Nuova è stato tra i primi alberghi bike friendly della città, nel senso che ha messo a disposizione dei clienti la bicicletta non come servizio extra o aggiuntivo, ma come parte integrante dell’offerta ricettiva nella convinzione che la mobilità ciclistica rappresenti un vero e proprio valore aggiunto. Ma che cosa accade quando i clienti affrontano la rete delle ciclabili cittadine? Ci spiega tutto il titolare del Verona Enrico Perbellini.
– Qual è il background di questa scelta? Nasce anche da una passione?
La scelta nasce da passione e sensibilità. Da sempre sono un appassionato di ciclismo, da sempre vado in bici sia per diletto che per sport. Dalle uscite con gli amici alla pedalata in pausa pranzo per tenermi in forma, ogni occasione è buona per prendere la bici. Amo la mountain bike e la bici da corsa. Ad un certo punto ho percepito che c’era Mobilità sostenibile inclusa nel soggiorno di Michele Marcolongo lo spazio per uno sviluppo ulteriore, la possibilità di dare un valore aggiunto ai nostri ospiti. Acquistammo delle Schwinn a ruota libera, freno a contropedale, manubrio bello largo, mezzi molto belli e particolari, di certo non passavano inosservate…
– In che senso la bici può essere un valore aggiunto?
Nel senso di dare al cliente l’opportunità di scoprire la città in maniera diversa dal solito. Ben presto le biciclette si tramutarono in un veicolo di pubblicitario di autopromozione. Nelle varie recensioni su Internet i clienti cominciarono a segnalare la loro presenza come elemento positivo per l’albergo. Fu così che altri colleghi cominciarono a dotarsi di sistemi analoghi.
– Da voi la bici è sempre stata gratuita o comunque compresa nell’offerta?
Certo, tanto come il letto in camera. Fin dall’inizio abbiamo pensato alla mobilità alternativa come un servizio incluso nel soggiorno. Per sottolineare ulteriormente il concetto, avevamo anche ipotizzato di abbinare ad ogni stanza una rastrelliera, ma poi ci siamo resi conto che, dato il tipo di utenza, non era sempre fattibile. Ad ogni modo il messaggio è passato: la bicicletta stuzzica la libertà di circolare. Abbiamo trovato dei clienti sulle Torricelle…
– Potrebbero essere tanto bici quanto… monopattini?
Adesso vanno di moda, ma la mobilità elettrica non è mobilità sostenibile perché ha bisogno di energia che da qualche parte bisogna pur produrre, e come viene prodotta? Col carbone? No grazie, il nostro albergo è impegnato in un percorso di sostenibilità ambientale e sappiamo bene che quando si fa un bilancio energetico si deve dire dove si prende l’energia che si consuma. Vale per un albergo, ma anche per una fabbrica o una città. E dove si prende, dunque, l’energia che fa funzionare i monopattini elettrici, le bici elettriche oppure quel furgone che gira di notte? Non ci sono alternative: o pedali, o ti tocca produrre energia. La bicicletta funziona, è sostenibile, riscuote un ottimo successo, lo constatiamo dall’usura dei mezzi: abbiamo una quindicina di bici che di strada ne fanno parecchia.
– Ma quando i clienti si trovano alle prese con il traffico veronese, come reagiscono? Cosa dicono delle infrastrutture?
È una disperazione. Io sostengo che una amministrazione pubblica, come una impresa privata, deve fare delle scelte. A fronte delle misure di interdizione del traffico motorizzato adottate nel corso degli anni, la prima scelta da fare dovrebbe essere quella di offrire una alternativa all’auto che sia comoda, piacevole e conveniente. In altre città, prendiamo ad esempio Londra, l’alternativa è la metropolitana: pratica, veloce, comodissima. Ma da noi, che cosa dovremmo usare al posto dell’auto? Le piste ciclabili non hanno continuità, sono pericolose. Andare in bici a Verona è uno sport estremo, Corso Porta Nuova è oggettivamente difficile. Non si può chiudere tutto aspettando che la gente tiri fuori la bici dalle cantine. Da questo punto di vista l’amministrazione comunale è carente. Questa città manca un vero e proprio piano della circolazione che spieghi come ci si dovrebbe muovere.
– Come sono abituati gli stranieri?
Soprattutto i popoli nordici, chiedono immediatamente due cose: il lucchetto e una mappa delle ciclabili. E noi che cosa gli dovremmo dare? Qual è la mappa delle ciclabili veronesi?
– E gli italiani hanno un atteggiamento diverso?
Ma no. Da noi la clientela è al 40% straniera e al 60% italiana e possiamo constatare che il target di chi usa la bici è totalmente trasversale per età, cultura, professione, condizione sociale. Lo vediamo in occasione delle fiere: abbiamo clienti che sono sia espositori che visitatori. La gente arriva in treno o in aereo e vuole una bicicletta. Fortuna vuole che tra Corso Porta Nuova e la Fiera ci sia una certa linearità di percorso… Quelli che usano la bici non sono una nicchia, non è un mezzo per lo svago dei turisti. Abbiamo manager che pernottano e vanno agli appuntamenti in bicicletta. Faccio per dire che non è neanche un problema di cultura. Molto più semplicemente, se nei Paesi nordici sono abituati alle ciclabili è perché le hanno. Spesso rimangono stupiti quando spieghiamo loro che possono usare certi marciapiedi o certe vie pedonali. Il problema vero è che da noi la ciclabile è uno spazio rubato tra il marciapiede e il pedone, uno spazio che non c’è, non esiste…
– Resta insomma lo scoglio delle infrastrutture…
Ma certo, la bicicletta è il primo strumento. Il secondo strumento è la ciclabile o il percorso ciclabile. Scoraggia molto il fatto che le infrastrutture non siano all’altezza o più spesso manchino completamente. Prendiamo Corso Porta Nuova: se ci fosse una vera ciclabile, magari togliendo una fila di parcheggi, io sono convinto che mezzora dopo verrebbe utilizzata. Manca la consapevolezza di questa potenzialità. Parliamo di dare ai turisti la possibilità di godere meglio la città. Potere andare, ad esempio, a San Zeno o anche più lontano, renderebbe la città più fruibile.
– E a proposito di potenzialità, a che punto è arrivato lo sviluppo del turismo veronese?
Fino ad un decina di anni fa fa Verona non era una meta turistica, nessuno si sognava di prendere l’aereo per venire a visitarla. Ci venivano per un concerto, una fiera, un’opera lirica. Poi, complice il lavoro di promozione della stagione lirica, i portali online, il low cost, la situazione è cambiata, la città ha conosciuto un periodo fortunato che comunque resta sempre molto legato agli eventi quali fiere, congressi, concerti, ancora capaci di spostare l’ago della bilancia. Siamo cresciuti molto, ed è proprio in questo sviluppo che dovrebbe inserirsi la bicicletta. Abbiamo un centro storico compatto e un territorio tendenzialmente pianeggiante. A Milano la bicicletta non sarebbe altrettanto interessante. A Roma non l’hanno mai vista. A Verona sì, ma mancano le infrastrutture.
(da Ruotalibera 165 – gennaio-marzo 2020)