Dopo la metà di febbraio, i primi timidi segnali di risveglio dal torpore invernale già invitavano a rimettersi in moto per dare corpo ai molti progetti in agenda per questo 2020, un anno ricco di aspettative. Nulla, davvero nulla faceva presagire la gravità di quello che sarebbe capitato da lì a pochi giorni. Come trasportata da un gelido vento dell’Est, la coperta nera scaturita da un wet market cinese e osservata più o meno distrattamente per settimane nei nostri telegiornali, dopo l’Estremo Oriente ha repentinamente avvolto l’Italia e via via il resto del mondo in un crescendo impressionante di emergenza per la salute delle persone, la tenuta della vita sociale e la sussistenza di famiglie e imprese. Una situazione difficile da cui ancora non si sa come e quando usciremo e ci riprenderemo. Perché questa coperta sconosciuta ha trovato l’umanità incapace di fare luce, costretta a brancolare nell’improvviso buio all’urgente ricerca di una via d’uscita.
Chiusi nelle case da venti giorni, e ancora lo saremo almeno per altrettanti, anche quelli tra noi non colpiti in prima persona o nei propri affetti osservano attoniti una realtà cambiata in modo radicale. L’invitante elenco di eventi che avevamo preannunciato appena tre mesi fa nello scorso Punto “Caro 20-20 ti scrivo”, se riletto adesso appare una lontana e disordinata distesa di cocci, come un banchetto all’aperto spazzato via da un imprevisto uragano poco prima di essere gustato.
Che fare? Dopo queste tre drammatiche settimane con migliaia di persone morte lontano dai loro cari e sepolte in silenzio, con decine e decine tra medici, infermieri e operatori sanitari, forze dell’ordine e altri lavoratori caduti da eroi affrontando la coperta nera senza poter disporre di equipaggiamenti adeguati, con un intero Paese paralizzato e angosciato, di cosa possiamo parlare?
Nel grande rispetto di tanto dolore e tanta sofferenza, sentiamo comunque il dovere di dire qualcosa che parli del presente ma sappia anche guardare al futuro.
Innanzitutto, pur nella certezza che torneranno le condizioni per poter pedalare nelle nostre aree urbane e godere in sella l’aria aperta nel tempo libero, ricordiamo che questo è il momento della responsabilità, dove bisogna dare prova di correttezza nei comportamenti per il bene nostro, dei nostri cari, di tutta la comunità. Rispettiamo dunque in modo scrupoloso le direttive delle autorità, adottando tutte le precauzioni del caso. Poi, quando potremo nuovamente girare anche al di là delle strette esigenze lavorative o di bisogno, siamo certi che in questa ripartenza collettiva la bicicletta avrà un ruolo importante, ad esempio in un contesto in cui sarà ancora necessario spostarsi evitando per quanto possibile la vicinanza reciproca e gli affollamenti. Ma di questo e altro avremo occasione di parlare spesso.
Cerchiamo poi di apprezzare le cose positive che anche stavolta stanno emergendo, come sempre accade nei frangenti impegnativi: magnifiche dimostrazioni di altruismo e generosità, aumentata coesione sociale, scomparsa dell’inquinamento atmosferico e acustico. E chissà che questa esperienza non si possa rivelare l’occasione di riflettere su una vita spesso frenetica, su rapporti sociali più basati sulla diffidenza che sulla solidarietà, su uno scarso rispetto del nostro ambiente. E magari, quando l’emergenza sarà finita, di ricordarcene per fare tutti un passo avanti e migliorare noi stessi e la nostra città… anche con l’aiuto della bicicletta.
Infine, da parte nostra, l’impegno a ripartire con le nostre iniziative quando sarà possibile e sicuro. Perché Verona, come l’Italia e il mondo, ha una gran voglia e un gran bisogno di tornare al più presto a pedalare, in ogni senso. Un abbraccio sincero a tutti.
(da Ruotalibera 166 – aprile-giugno 2020)