Conta i ciclisti, ma sono sempre gli stessi
Sostanzialmente invariati i conteggi dei transiti ciclistici verso il Centro Storico
L’abbiamo rifatto. Come ogni anno, di buon mattino, ognuno al suo posto agli otto varchi di accesso al Centro Storico, più un paio di punti “caldi” in viale Piave e corso Milano, abbiamo provveduto a contare e premiare “dolcemente”, con una caramella, i ciclisti di passaggio. Quasi tutti ciclisti abituali. Quelli che, scegliendo la bici come mezzo alternativo all’auto per i loro spostamenti quotidiani, contribuiscono al benessere proprio e della città. A Verona, siamo già alla decima rilevazione e, avendo sempre cercato di mantenere il più possibile inalterati i parametri (giorno feriale, non piovoso, dal martedì al venerdì, dalle 7.30 alle 10.00), possiamo fare qualche confronto. Com’è andata?
Ogni volta, al momento di tirare le somme, ci pervade una speranza: che i passaggi siano in aumento rispetto agli anni precedenti; che finalmente sia evidente un balzo in avanti nelle buone pratiche dei concittadini. Per consapevolezza o per necessità, chissà: hai visto mai che, complice la crisi, forse, magari… Invece no, niente, nulla si muove. Se osserviamo bene la tabella riassuntiva, ci appare addirittura stupefacente quanto i numeri si assomiglino di anno in anno. Misurazioni empiriche, s’intende; ma sempre saldamente ancorate in un intorno di 6.000 passaggi, massa critica apparentemente insuperabile. Tanto che il grafico prodotto ha poco senso: piatto, come un encefalogramma catatonico. Rallegrarsi per la crescita complessiva dell’1.4% rispetto al 2013 è una gioia fugace perché, a ben vedere, i 6.050 passaggi del 2014 non rappresentano certo un miglioramento rispetto agli oltre 6.300 del 2010 e 2011.
I dati sembrano voler dire che il fascino della bici non riesce a intaccare la fedeltà dei veronesi nei confronti delle loro quattroruote. O, perlomeno, che per ogni “traditore” che scopre un nuovo amore a pedali c’è n’è un altro che torna alla vecchia amata, l’auto. Noi siamo ovviamente convinti che l’appeal della bici non sia per nulla in crisi, anzi. Mai come ora infatti (il mercato lo conferma) la bicicletta suscita attenzioni e attese in una platea di utenti sempre più vasta e trasversale, e parlando in giro coi soci o in occasione dei banchetti in piazza, rileviamo un desiderio esplicito di “conversione” da parte di molti veronesi, anche insospettabili. Solo che… «mah, non so», «non mi sento sicuro», «se avessi un luogo dove lasciarla», «ho paura, troppe auto», «me ne hanno rubate già due», e via di questo passo… E allora comincia ad apparirci chiaro il perché di questa non-crescita.
L’aumento della quota di ciclabilità dovrebbe essere tra gli obiettivi delle politiche di mobilità di una buona amministrazione. Per ottenere questo risultato, misurabile nello spostamento della ripartizione modale dall’automobile verso la bicicletta e il mezzo pubblico, è però necessario operare su molti fronti politiche di vero cambiamento. C’è bisogno di un piano, per fotografare la situazione e individuare le priorità; occorre un budget, per assicurare ai progetti le risorse necessarie; servono dei responsabili, per attribuire riferimenti sicuri nell’attuazione del piano stesso; indispensabile infine l’attività di monitoraggio per verificare l’efficacia degli interventi ed eventualmente correggerne le impostazioni. Tutto questo, a Verona, manca; gli interventi sono marginali e di facciata, in risposta a piccoli interessi di parte e non basati su una visione complessiva. Infine, non sembra di osservare una corretta percezione della necessità di cambiamento (le “grandi opere” riguardanti strade e parcheggi restano pur sempre i temi cari a certi politici).
Siamo davvero convinti che le scelte dei cittadini non siano conseguenti alle politiche attuate dall’Amministrazione? Andiamo a verificare se davvero la responsabilità sia tutta di coloro che “scelgono” (magari perché non hanno altra scelta) di chiudersi in un abitacolo a sopportare perdite di tempo, inquinamento, costi (individuali e collettivi, non dimentichiamolo), quando magari altro non chiederebbero che un modello di mobilità più snello ed efficace. Ci piacerebbe che questo desiderio diventasse una spinta consapevole nei confronti della politica. Vorremmo osservare il recepimento di queste istanze anche nella pressione dell’opinione pubblica. Sogni? Non ci pare. Mentre attendiamo di vedere qualche positivo effetto derivante dalla nuova delega recentemente attribuita al consigliere Davoli, continuiamo a fare il nostro lavoro, suggerendo ai decisori le nostre visioni di futuro, un metodo possibile, e le esperienze disponibili.
(da Ruotalibera 140 – novembre-dicembre 2014)