Ci sono occasioni in cui queste righe iniziali servono a dare ai nostri affezionati lettori uno sguardo sulla mobilità ciclistica più lungo di quello che possono avere loro: questo è normale, visto che noi del direttivo FIAB abbiamo molte occasioni di contatto con enti e amministratori e dunque siamo nella condizione di avere un quadro esauriente della situazione anche in divenire. Ciò è successo ad esempio nell’ultimo numero di Ruotalibera, in cui abbiamo fatto il punto sulle prossime novità infrastrutturali (alcune già realtà) in provincia e in regione.
In altre occasioni – e stavolta è una di quelle – si tratta invece di dare un filo di lettura coerente ai vari contenuti che si trovano all’interno della rivista. Per lungo tempo, a chiedere ad alta voce di potersi muovere in bicicletta con sicurezza e praticità siamo stati soprattutto noi di FIAB; sì, certo, di gente che si muove in bici in città e fuori ce n’è sempre stata, ma finora era un “popolo silenzioso” che tutt’al più delegava alle persone attive in FIAB, magari tesserandosi (non scordiamo che qui a Verona i soci sono 1700, di gran lunga i più numerosi d’Italia) il compito di avanzare queste richieste ai decisori.
Leggendo gli articoli di questo numero potrete vedere come le cose stiano lentamente cambiando: ora sempre più spesso è direttamente la gente che prende l’iniziativa – a volte chiedendo sostegno e collaborazione alle FIAB locali – per reclamare a gran voce il diritto a muoversi in modo attivo senza rischiare incidenti e senza dover fare il giro dell’oca. In questo senso vanno viste le imponenti raccolte di firme organizzate a Verona dalla gente del quartiere Stadio e di Parona per avere un collegamento diretto e sicuro col centro città; o la sperimentazione urbana di una “Zona 30 arredata” effettuata a Milano in una via del quartiere Corvetto su iniziativa del comitato Genitori Antismog; ma, direi, anche una sempre più attiva presa di coscienza “politica” (nel senso più alto del termine) da parte dei ragazzi dell’importanza e urgenza di rivedere il modello di mobilità urbana, come testimoniato dallo scritto di Michele Savini del Liceo Messedaglia.
Che dovremmo dire noi di FIAB? Forse che la gente ci sta rubando l’esclusiva? Macché: ne siamo sinceramente contenti perché quello che conta non è la firma ma il risultato, ed è anzi una soddisfazione rilevare che quanto andiamo dicendo da tempo alla fine si è manifestato come un’esigenza condivisa. Ecco, magari un po’ di merito per questa evoluzione del sentire comune potremmo anche prendercelo: forse il paziente lavoro di molti anni non è stato vano e sta dando i suoi frutti.
Cosa manca? L’impressione è che a mancare siano ancora le amministrazioni, piuttosto lente nell’interpretare questa genuina voglia che sale dalla società civile, soprattutto perché legate a una visione ormai sorpassata che insiste nel pensare il mezzo privato a motore come fulcro della mobilità. Ma siamo fiduciosi che la direzione è quella buona, e che il vedere gente sempre più numerosa e entusiasta frequentare percorsi ciclabili cittadini o centri storici a misura di persona e non di auto, o pedalare nel tempo libero su nuove ciclovie (abbiamo recentemente assistito ai consueti spettacoli di popolo per le inaugurazioni della passerella sulla diga ENEL di San Giovanni Lupatoto e della ciclabile Terradeiforti nella chiusa di Ceraino) convincerà presto anche gli amministratori più resistenti che la strada giusta è quella.
D’altra parte, se a Milano si dice “Zona 30 – Gente contenta”… una ragione ci dovrà pur essere, o no?
(da Ruotalibera 158 – giugno/agosto 2018)