La bici, un bene di prima mobilità
Chi mi conosce personalmente sa che vendo e riparo biciclette. Le settimane successive alla quarantena sono state delle vere e proprie corse all’acquisto. Le bici si sono trasformate in un bene di prima necessità o, meglio ancora, un bene di prima mobilità.
Purtroppo, nessun grande produttore era preparato ad affrontare quest’enorme e mondiale richiesta di biciclette. Nel giro di poche settimane si sono svuotati i magazzini e tra gli addetti al lavoro giravano immagini di capannoni tristemente vuoti. La cosa peggiore è che le fabbriche non se la passavano meglio, perché essendo stata bloccata la produzione nell’estremo oriente, anche volendo assemblare, mancavano i componenti necessari.
Un disastro.
Proprio perché era diventato impossibile comprare qualunque cosa avesse due ruote e due pedali, ci siamo ritrovati a riesumare, come si dice in gergo, dei veri e propri cancelli: ferrivecchi che non valeva la pena rimettere in strada dopo anni di polvere e ruggine in cantina. Leggendo i preventivi, molti si rendevano conto che costava meno prendere una bici nuova che ripararla, ma la voglia di uscire all’aria aperta prendeva sempre il sopravvento.
Bisogna anche ammettere che il famoso bonus mobilità è servito a molti per “rischiare” nel provare una bici, magari elettrica, ed andare al lavoro pedalando. Col senno di poi, avrei preferito che parte dei fondi stanziati per questo incentivo servissero per costruire e mantenere sicure le piste ciclabili.
(da Ruotalibera 168 – ottobre-dicembre 2020)
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